La cucina pakistana è stata influenzata dalle tradizioni dei popoli con i quali è entrata in contatto durante secoli di scambi commerciali, invasioni e migrazioni dall’Asia centrale, al Medio Oriente, dal Subcontinente indiano alla Cina.
Una parte del Pakistan si trova nella Valle dell’Indo, la terra dei cinque fiumi, l’attuale Punjab, dove si sviluppò la civiltà Harappa. Gli scavi archeologici hanno messo in evidenza l’importanza di questa civiltà per lo sviluppo dell’agricoltura, fin dal Neolitico, al pari della Mesopotamia e della Valle del Nilo. Durante l’estate si coltivavano riso, miglio e fagioli, in inverno grano, orzo e legumi, mentre nell’attuale Baluchistan si sperimentavano le prime forme di allevamento dei bovini. Ma è intorno al XVI secolo che, sotto l’Impero Moghul di Babur, con la dominazione turco-mongola dei discendenti di Gengis Khan, che la Mughlai cuisine saprà armonizzate i vari apporti, per arricchirli ulteriormente con le tecniche, gli ingredienti e le raffinatezze della cucina indo-persiana, elevandola allo stato di cucina imperiale, così com’è avvenuto in altri campi, dalla poesia, all’architettura, dalla musica alla pittura.
Molti dei piatti che si preparano ancora oggi in Pakistan e in parte in India, Afghanistan, Iran e Paesi confinanti risalgono a quell’epoca o ne rappresentano l’evoluzione. È l’esempio dei fagottini di keema samosa ripieni di carne speziata, delle carni marinate nello yogurt grigliate al barbecue (kabab), dei piatti a base di riso (pulao, biryani), dei pani (naan, paratha, roti) e molti dolci, di cui andavano ghiotti i Moghuls (phirni, barfi, kulfi, gulab jamun, jalebi). Oggi come un tempo, in Pakistan convivono varie cucine regionali che riflettono le diverse matrici etniche, religiose e culturali del Paese. In generale, a differenza della cucina indiana, quella pakistana predilige la carne a discapito delle verdure e fa un uso delle spezie e delle miscele di curry (masala) più limitato e raramente piccante. Diversamente dalla tradizione ayurvedica, le spezie vengono però usate per dare sapore ai cibi e non per le loro proprietà terapeutiche, ciò che importava ai Moghul era il gusto e l’estetica dei piatti.
Per scoprire di più, il numero lo potete trovare in edicola o in versione digitale, su App Store o Play Store
Abbonamento qui
parole di Vittorio Castellani aka Chef Kumalè
© Gambero Rosso SPA 2025
P.lva 06051141007 Codice SDI: RWB54P8 Gambero Rosso registrazione n. 94/2021 Tribunale di Roma
Modifica impostazioni cookie
Privacy: Responsabile della Protezione dei dati personali – Gambero Rosso S.p.A. – via Ottavio Gasparri 13/17 – 00152, Roma, email: dpo@class.it
Resta aggiornato sulle novità del mondo dell’enogastronomia! Iscriviti alle newsletter di Gambero Rosso.
© Gambero Rosso SPA – Tutti i diritti riservati.
Made with love by Programmatic Advertising Ltd
Made with love by Programmatic Advertising Ltd
© Gambero Rosso SPA – Tutti i diritti riservati
La più autorevole guida del settore dell’enologia italiana giunge quest’anno alla sua 37sima edizione. Vini d’Italia è il risultato del lavoro di uno straordinario gruppo di degustatori, oltre sessanta, che hanno percorso il Paese in lungo e in largo per selezionare solo i migliori: oltre 25.000 vini recensiti prodotti da 2647 cantine. Indirizzi e contatti, ma anche dimensioni aziendali (ettari vitati e bottiglie prodotte), tipo di viticoltura (convenzionale, biologica, e biodinamica o naturale), informazioni per visitare e acquistare direttamente in azienda, sono solo alcune delle indicazioni che s’intrecciano con le storie dei territori, dei vini, degli stili e dei vignaioli. Ogni etichetta è corredata dall’indicazione del prezzo medio in enoteca, delle fasce di prezzo, e da un giudizio qualitativo che si basa sull’ormai famoso sistema iconografico del Gambero Rosso: da uno fino agli ambiti Tre Bicchieri, simbolo di eccellenza della produzione enologica. che quest’anno sono 498.
No results available
ResetNo results available
Reset