Dici mirto ed è subito Sardegna. È infatti sull’isola (oltre che nella vicina Corsica) che questa pianta spontanea tipica della macchia mediterranea ha trovato un habitat ideale, profumandone ampi spazi: tutte le parti della pianta – infatti – sono molto aromatiche. Chiamato anche mortella, è una latifoglia sempreverde della famiglia delle Myrtaceae, genere Myrtus che raggiunge dimensioni importanti.
Andiamo alla scoperta del mirto, protagonista della prossima puntata de “L’erba del Barone”, programma condotto da Andrea Lo Cicero in onda ogni martedì alle 21.30 sui canali 132 e 412 di Sky.
Noto anche come pepe della Corsica, è una pianta selvatica facilmente coltivabile anche in casa, in vaso, in piena terra o in siepi aromatiche: foglie, fiori, steli e bacche sono molto profumati. La pianta ha una corteccia rossiccia che con il passare del tempo assume un colore grigiastro, le foglie sono ovali e appuntite, coriacee, lucide e di colore verde-scuro, i fiori sono di colore bianco o roseo. Nell’Orto Botanico di Pisa, si può ammirare un esemplare antico che ha dato il nome a un’area del giardino chiamata, per l’appunto, l’Orto del Mirto.
In antichità, il mirto era simbolo di femminilità. Protagonista di molti miti, i greci lo collegano a quello della fanciulla Myrsìne, uccisa dopo aver battuto un suo coetaneo in una gara ginnica e poi trasformata da Atena in un arbusto di mirto, mentre per i romani è collegato alla dea Venere, dea della bellezza, dell’amore e della fertilità: si raccontava infatti che la dea, appena nata dalla spuma del mare, si fosse rifugiata in un boschetto di mirti.
Impiegato principalmente nell’industria liquoriera, esistono anche varietà coltivate a scopo ornamentale, come il Myrtus communis della varietà variegata, con foglie striate.
Per le sue proprietà balsamiche, antisettiche, astringenti e antinfiammatorie, il mirto è impiegato per la cura di problemi del sistema respiratorio e dell’apparato digerente: il liquore prodotto dalle bacche, infatti, ha proprietà digestive. Ma sin dall’epoca medievale – quando si estraeva dai suoi fiori la cosiddetta Acqua degli Angeli tutt’oggi impiegata nella cura della pelle come tonico e disinfettante – ne venivano apprezzate anche le proprietà fitocosmetiche. Ricco di oli essenziali (mirtolo, contenente mirtenolo e geraniolo e altri principi attivi minori), tannini e resine che lo rendono un prezioso ingrediente in erboristeria.
Noto soprattutto per il famoso liquore prodotto per infusione alcolica delle bacche – da non confondere con il mirto bianco, ottenuto dai germogli – oggi tra i prodotti simbolo della Sardegna, il mirto trova largo impiego anche in cucina, soprattutto in quella isolana. Il potere aromatico dei rametti e delle foglie arricchisce soprattutto le carni e la selvaggina: dal maialino arrosto – profumato con mirto, ginepro, alloro – al pollame, dal manzo ai volatili, come nel tipico spiedino di tordi, storni o merli infilzati su un bastoncino di mirto, chiamato sa taccula o grivia. Ottime accompagnamento per gli arrosti, le salse a base di bacche, che si prestano anche a essere impiegate nella produzione di dolci e marmellate, raro è invece il miele, soprattutto quello monofloreale, specialità di Sardegna e Corsica, dove la pianta è particolarmente diffusa. I fiori possono profumare le macedonie di frutta fresca o bevande rinfrescanti e, fuori dall’uso alimentare, i rametti si possono bruciare alla stregua dell’incenso.
a cura di Antonella De Santis
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