Non si può parlare ancora di vittoria, ma di tregua sicuramente sì. Starbucks sembra essersi finalmente deciso a dare ascolto proteste da parte dei lavoratori, dopo un anno di grandi cambiamenti, tra cui l’addio di Shultz, che ha lasciato il consiglio di amministrazione (al suo posto, Laxman Narasimhan, ex direttore commerciale di PepsiCo e CEO di Reckitt, multinazionale che tra i diversi brand possiede anche la Durex). Ora c’è speranza per la Starbucks Workers United, il sindacato dei dipendenti della catena: con una dichiarazione congiunta le due parti hanno presentato un «percorso da seguire» per «avviare le discussioni» e raggiungere degli accordi comuni.
Il sindacato aveva chiesto che ogni store avesse dei contratti specifici locali in modo da riflettere le problematiche del territorio e rispondere meglio alle esigenze dei dipendenti. Per il momento, il colosso delle caffetterie ha accettato di stipulare un accordo che copra solamente le questioni comuni che riguardano più di 400 negozi. A parlare con il sito gastronomico statunitense Eater è stata Michelle Eisen, barista in uno Starbucks di Buffalo e parte del sindacato, che ha spiegato che l’azienda dovrebbe cominciare gli incontri con il comitato il prossimo aprile.
Un accordo che prevede diversi punti a favore dei lavoratori. Un esempio? La possibilità di ricevere le mance anche attraverso pagamenti elettronici, una consuetudine diffusa all’estero (sarebbe ora di iniziare a farlo anche in Italia…) che però non era concessa ai baristi della catena. Una perdita non da poco, considerando la tradizione delle mance che c’è in molti Paesi (basti pensare all’America, dov’è la normalità da sempre) e la quasi scomparsa dei pagamenti in contanti. Altra vittoria, gli stipendi arretrati, ovvero tutte quelle compensazioni non pagate per lavori svolti in più o che per i dipendenti non è stato possibile portare a termine per cause di forza maggiore.
Richieste fatte presenti già in passato, quando durante un’udienza l’ex CEO Howard Schultz aveva dichiarato che i lavoratori avevano interpretato male la legge, modificando poi la posizione in seguito parlando di «preferenza» dell’azienda di negare alcuni benefici. Ora, invece, Starbucks si sta mostrando più incline alle richieste del sindacato (che sia merito della nuova direzione?), anche perché il National Labour Relations Board – agenzia federale a tutela dei diritti dei dipendenti privati – lo scorso gennaio ha denunciato l’azienda per mancata contrattazione a livello nazionale, sostenendo che Starbucks non avesse fornito ai rappresentati sindacali le informazioni necessarie per far presenti le proprie rimostranze, a partire dalle date di assunzione dei dipendenti.
«La svolta più importante che i lavoratori americani abbiano ottenuto da molto tempo». Così The American Prospect, la rivista di politica americana, ha definito l’accordo tra Starbucks e il sindacato. «C’è un importante lavoro da fare» hanno scritto le due parti nella loro dichiarazione «unire le forze rappresenta un passo avanti ed è una chiara dimostrazione dell’impegno condiviso a collaborare». Un passo avanti cominciato lo scorso dicembre, quando la società aveva dichiarato di voler riavviare i colloqui sindacali per ratificare gli accordi contrattuali nel 2024, dopo un silenzio lungo 7 mesi.
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