Alberto Bauli e Stefano Pernigotti. Sono scomparsi a poche ore di distanza l’uno dall’altro due grandi imprenditori che hanno fatto la storia dell’industria dolciaria italiana.
Il primo, che poteva vantare il “titolo” di re del pandoro, avrebbe compiuto ottant’anni il prossimo 5 settembre, e per oltre 25 anni è stato alla guida della celebre azienda veronese Bauli, fondata nel 1922 da suo padre Ruggero. È stato merito dell’ingegnere, però, se il gruppo dolciario ha saputo conquistare e presidiare il settore negli ultimi decenni, fino a diventare leader italiano nella produzione di pandori e dolci da ricorrenza. Nel 1995, Alberto ereditava l’attività avviata con tenacia da papà Ruggero, emigrato alla fine degli anni Venti in Argentina, per cercar fortuna, e dopo sfortunate vicissitudini (un naufragio da cui è miracolosamente uscito illeso) approdato a Buenos Aires, per aprire il negozio di dolciumi che in dieci anni lo ripagò degli sforzi. Poi, il rientro a Verona, e l’inaugurazione del primo negozio Bauli in città, a pochi metri dall’Arena. Il gruppo che conosciamo oggi è ben altra cosa, per ambizioni, mercati presidiati e dimensioni.
Proprio con Alberto – che in azienda iniziò a lavorare negli anni Sessanta – nell’ultimo decennio, si sono succedute le acquisizioni di realtà altrettanto importanti: Iri, Alemagna e Motta (strappate alla Nestlè) prima, Bistefani e Doria più di recente, con l’obiettivo di travalicare i limiti dei dolci da ricorrenza, ampliando il portfolio prodotti per competere sul piano europeo con altri grandi gruppi alimentari. L’ultimo bilancio, non a caso, ha fatto registrare quasi 500 milioni di ricavi, in controtendenza rispetto alle difficoltà della storica rivale del pandoro in città, Melegatti, che solo negli ultimi mesi sta provando a rialzarsi dopo il fallimento. E questo crescendo “in maniera sensata e solida, nel limite delle nostre possibilità”, amava ripetere l’imprenditore, dopo aver rischiato a sua volta, all’inizio degli anni 80, di perdere pezzi per una politica commerciale troppo avventata. Ma ad Alberto Bauli spetta pure la paternità degli spot natalizi diventati un ritornello (Ba-ba-ba-Bauli) da canticchiare in tutte la case. Dal 2018, alla guida di Bauli c’è Michele, nipote di Alberto, che continuerà a perseguire gli obiettivi di un’impresa che resta ancora a gestione familiare.
Al Cavalier Stefano Pernigotti, invece, si legano alcuni dei ricordi più felici di un gruppo che negli ultimi due anni ha navigato in acque molto difficili. Scomparso all’età di 98 anni nella casa di Milano dove viveva da tempo, il Cavaliere era erede di Stefano Pernigotti (da cui erediterà anche il nome), che nel 1860 fondava a Novi Ligure (Alessandria) la drogheria destinata a diventare una celebre fabbrica dolciaria anche per merito di Stefano, che ha mantenuto la proprietà della Pernigotti fino al 1995, quando – rimasto senza eredi, dopo la prematura morte dei figli Paolo e Lorenzo in un incidente stradale in Uruguay – cederà il gruppo ad Averna (che a propria volta cederà il marchio ai fratelli turchi Toksoz, nel 2013: l’inizio della crisi). Considerato industriale illuminato (e filantropo) per la sua capacità di gestire i rapporti con dipendenti e collaboratori, preoccupandosi per loro e per le loro famiglie, Stefano Pernigotti saprà lanciare nel mondo il marchio (già scelto nella prima metà del Novecento come fornitore ufficiale della famiglia Reale), come emblema del made in Italy in ambito dolciario e del cioccolato.
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