Come risolvere il problema della plastica? Trasformandola in gelato alla vaniglia. È l’esperimento a cui ha lavorato Eleonora Ortolani, studentessa italiana di 27 anni che vive a Londra e che ha vinto una delle borse di ricerca della Fondazione Swarovski «Creatives for Our Future».
L’idea di Ortolani, che ha studiato design al Politecnico di Milano e segue ora un master in «Material Futures» alla Central Saint Martins di Londra, si chiama Guilty Flavours (gusti colpevoli). Al Corriere della Sera la studentessa ha spiegato: «Come italiana e amante del food sono stata portata a pensare se fosse possibile rendere edibile ciò che non lo è e se la gente potesse aprirsi al futuro del cibo ed esplorarlo in maniera creativa».
Ortolani, con il supporto di chef, scienziati e altri esperti del cibo, ha utilizzato enzimi digestivi e batteri per sviluppare il primo campione di gelato ottenuto da rifiuti in plastica. Per il gusto di vaniglia, in particolare, la ricercatrice si è rivolta a un laboratorio di Edimburgo, che stava già cercando di sviluppare questo sapore a partire dalla plastica: «Da lì mi hanno mandato i batteri e quello che ho fatto è stato creare questo primo esempio di cibo».
La ricercatrice ha raccontato di aver trovato l’ispirazione per questa idea attingendo al mondo del design, dove già da tempo si sta sperimentando il riutilizzo della plastica di scarto, come anche la tendenza a usare batteri, funghi e micro-organismi per creare prodotti sostenibili.
Nel mondo del design, però, spesso la plastica riciclata viene combinata con altri materiali e resa non più riciclabile «quindi facciamo anche peggio – sottolinea Ortolano –. Ma se vogliamo trovare un modo per affrontare il problema di tutta la plastica che c’è in giro, dovremmo trovare un modo per farla scomparire». Quale? Trasformandola in gelato.
Ortolani non ha potuto assaggiare la sua creazione, perché, trattandosi di un materiale nuovo, al momento è illegale mangiarlo. Il gelato alla vaniglia ricavato dalla plastica, al momento, è in un freezer sottochiave. D’altra parte, come ha spiegato la studentessa, la sua è stata una provocazione per dimostrare che è possibile trovare una soluzione al problema della plastica.
Ma il dubbio resta: chissà che sapore ha il gelato realizzato con la plastica?
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