Di cucina friulana di confine raccontavamo un anno fa, in un viaggio tra malghe di montagna e grandi ristoranti, alla scoperta dell’area nord-orientale del Friuli Venezia Giulia, incastonata tra Austria e Slovenia. Di questo territorio è espressione una cucina di montagna fondata su pochi prodotti locali, forniti dalla terra o abilmente trasformati da malgari e artigiani del gusto. E il frico (che appena oltrepassato il confine con la Slovenia passa al genere femminile, ribattezzato frika), che nasce proprio in queste zone, è probabilmente il piatto più celebre del ricettario regionale friulano. Le sue origini si rintracciano nel Tarvisiano, tra le malghe di produzione del Montasio, formaggio Dop di latte vaccino a pasta semi-dura, che è l’ingrediente principe del frico (in origine la ricetta era legata alla necessità di riutilizzare i ritagli di formaggio fresco, gli strissulis, avanzati in fase di formatura nelle latterie, e la cottura avveniva sulla stufa a legna), e regala l’aspetto filante a questa golosa “frittata” di patate, servita calda, con la sua crosticina dorata, e in numerose varianti (con pancetta, cipolle, mele, speck, erbe aromatiche…). La prima menzione del frico, non a caso, è molto antica, e risale al De Arte Coquinaria di Maestro Martino da Como, cuoco del patriarca di Aquileia nel XV secolo, che cita la specialità come “caso in patellecte” (cacio in pastelletta), ideale “dopo pasto e caldo caldo”.
Ma oggi bisogna incamminarsi alla volta dei Laghi di Fusine – suggestivo sistema lacustre di origine glaciale circondato dai boschi che coprono il monte Mangart – per gustare un frico fatto a regola d’arte, a partire dalla cottura tradizionale su una cucina economica alimentata a legna, come si faceva un tempo. Siamo a un quarto d’ora appena di macchina da Tarvisio, e lo scenario è degno della più classica delle cartoline di montagna, che stordisce con infinite tonalità di verde e azzurro. Qui, il ristoro Ai Sette Nani, sulle sponde del Lago Superiore, è un rifugio sicuro per chi è in cerca di sapori genuini.
Si tratta di un piccolo bar, la caratteristica edilizia turistica montana che riduce gli spazi al minimo, ma può contare su diversi tavoli in legno all’aria aperta, proprio al limitare del bosco di abeti. Si apre solo con la bella stagione, è il piatto forte della casa è proprio il frico, eventualmente servito con polenta, che Stefano Vuerich ci racconta nel video che vedete qui sotto. Svelandoci qualche segreto della sua bontà: la cottura lenta e il riposo di un giorno (fondamentale), la scelta degli ingredienti – le patate devono essere vecchie, e il Montasio abbondante, in più stagionature, dallo stravecchio al primosale – la possibilità di attingere a una vecchia ricetta tipica della comunità di Studena Alta per accompagnare la pietanza con una salsa molto particolare. Lasciamo alle sue parole il resto del racconto.
Ai Sette Nani – Fusine in Valromana (UD) – via Laghi, 10 – pagina Fb
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