Colpiscono e sorprendono già al primo sguardo con quella loro forma da serpente attorcigliato. E con quel diametro che può giungere sino ai 40 cm, mentre in lunghezza si distendono fino ad oltre i 2 metri (sebbene tra i banchi dei fornai o nelle pasticcerie le pezzature più diffuse siano oggi più contenute). Sono i brinyols, come vengono chiamati qui ad Alghero, ma anche zippulas, frisjoli longhi o cattas, le tipiche frittelle lunghe che giungono da varie parti dell’isola e che allietano i numerosi carnevali che caratterizzano la Sardegna.
Si tratta di preparazioni antiche la cui ricetta, come spesso accade con i dolci tipici della tradizione, si perde nella notte dei tempi. Queste frittelle a spirale nascono «da un allungamento dell’impasto del pane avanzato» come ci spiega un loro appassionato interprete, il pasticcere Roberto Murgia, 43 anni, che da anni le prepara nella sua pasticceria Dolci in Corso ad Alghero (SS).
I brinyols si preparano con semola di grano duro, lievito, latte e vengono poi profumati con la scorza d’arancia ma anche con l’aggiunta di filu ‘e ferru, che è l’acquavite sarda, e aromatizzati con dell’anice. La loro particolarità è di venir calati nell’olio bollente attraverso degli imbuti. Precisa Roberto Murgia: «Oggi seguire la tradizione più autentica significa utilizzare proprio degli imbuti a scapito della più semplice e comoda tasca da pasticcere. Ci serviamo di imbuti in alluminio, mentre in passato si usavano quelli in latta. L’impasto, molto morbido, quasi una pastella, viene dapprima fatto agitare e poi versato nell’olio caldo, quasi preparassimo dei churros, sebbene grazie alla sua morbidezza non serva siringarlo o sforzarlo affinché scenda. Bisogna evitare che queste frittelle siano piene di bolle, in più l’abilità consiste nel creare una spirale tenendo con una mano l’imbuto nell’altra la bacchetta che donerà loro la caratteristica forma».
Tra gli altri dolci del Carnevale tipici di quest’angolo di Sardegna gusteremo anche le Tabaqueras, la cui forma rimanda proprio a quella delle antiche tabacchiere utilizzate per conservare il tabacco: preparate in versione monodose, riproducono al loro interno la tipica torta di Alghero, il Menjar blanc che letteralmente significa “mangiar bianco” e la cui origine rimanda al periodo della dominazione catalana dell’isola. La sfoglia viene preparata con la tipica pasta violata (a base di semola rimacinata di grano duro, strutto, acqua e sale) mentre la farcia è costituita da una crema budinosa a base di latte, amido, zucchero e scorze di limone. Chiuse a raviolo verranno poi fritte (ma esistono anche in versione al forno).
Concediamoci, infine, sempre tra questi invitanti banchi, una deviazione – pur sempre made in Sardegna – con le golose tzipulas preparate con ricotta, patate, zafferano e anticamente (o ancora oggi in alcune zone) con l’aggiunta di pecorino fresco grattugiato: «Si parte sempre da un impasto molto morbido – ci saluta Roberto Murgia – che una volta lievitato viene prelevato a poco a poco con la mano. Gli si dà forma quindi viene gettato immediatamente nell’olio bollente. Consumate ancora calde queste frittelle regalano una gioia impagabile».
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