La cucina è specchio della nostra cultura e identità, proprio come lo sono la lingua, l’arte, la storia e la musica: siamo i primi a difenderne l’onore – guai a mettere la panna nella carbonara! – e allo stesso tempo siamo i primi a prendere posizioni marmoree, criticandola. Prendiamo la pasta: abbiamo osannato quella trafilata al bronzo, e poi rottamato fusilli e farfalle. Poi è stato il turno delle penne liscie, il formato di pasta meno amato dagli Italiani durante la pandemia. Ma il mercato della pasta secca è un mondo in continua evoluzione, contando formati nelle centinaia. Alcuni derivati in parte dalla tradizione, altri creati per determinate circostanze, o semplicmente frutto di strategie di marketing. Ci sono dei formati di pasta che sono troppo strani, e troppo brutti. Ecco i formati di pasta – in ordina alfabetico – che ci auguriamo di non dover mangiare mai.
Cascatelli
Dopo uno studio lungo tre anni Dan Pashman, voce del podcast The Sporkful, ha creato un nuovo formato di pasta a suo dire perfetto. Si tratta di riccioli sul cui dorso lati sporgono due volant a balza. Alla lontana assomigliano alle Creste di Gallo, (altro sfortunato progetto che dopo qualche minuto in cottura perde, causa il bollore, la cresta il cui solo compito è acciuffare la salsa). Lamentandosi della pasta italiana, Pashman ha dichiarato a Morning Edition, “Ci sono tanti formati mediocri in giro. Gli spaghetti in fondo sono solo un tubo, e dopo qualche morso, è sempre la stessa roba”. E così ha creato un nuovo formato di pasta dal nome italiano (sbagliato) che sta per ‘piccole cascate’. La rivista Time ha inserito i Cascatelli fra le 100 Migliori Invenzioni del 2021, e la pasta va a ruba a livello nazionale da Whole Foods e Walmart.
Cinque buchi
I maccarruna a cincu puttusa, ovvero i maccheroni a cinque buchi, sono un formato della tradizione siciliana, che si consuma in maniera particolare nel periodo di Carnevale, e che si condisce, soprattutto in terra etnea, con uno stufato di maiale. Cinque buchi, ovvero quattro tubi laterali agli angoli di uno più grande, centrale. Un bucatino elevato alla quinta potenza. Difficilmente reperibili nel resto d’Italia, sono anche una camurrìa da preparare. Il tempo di cottura riportato sulla confezione è 6-7 minuti, ma quel minuto di tolleranza è nefasto: all’assaggio di prova l’intervallo tra “croccante” e “spalmabile” è infinitesimale.
Rigacuore
L’azienda produttrice promette con questo formato di pasta “innovazione, sentimento, romanticismo, leggerezza e positività”. Dopo un post pubblicitario per San Valentino con due cuori di pasta accompagnati dal claim “Innamoratevi ogni giorno” molti si sono chiesti se il formato esistesse dvvero e se fosse realizzabile. Questo ha ispirato l’idea di creare una nuova trafila a forma di cuore. Nei vari (tanti!) aggettivi sulla confezione spicca “tenace”, vista la doppia piega e lo spigolo del tubo a cuore rigato, l’indice di callosità risulterà alto. Sconsigliata la cottura al chiodo.
Soqquadro
Un famoso pastificio di Roseto degli Abruzzi, noto per l’utilizzo della trafilatura in oro, firma questo singolare formato di pasta: un mezzo rigatone a sezione quadrata. Secondo l’azienda questa qualità permetterebbe di creare “impiattamenti verticali da vero chef”. Disponibile anche in versione con farina biologica Senatore Cappelli trafilata al bronzo con essicazione lenta. Trovata di marketing evidentemente vincente, perché la si vede parecchio in giro. A noi fa un po’ impressione.
Sombreroni
Gli ingredienti di questo singolare formato di pasta multicolor sono semola di grano duro, acqua, spinaci, paprica, barbabietola e curcuma. Il tempo di cottura riportato sulla confezione varia “in base alla ricetta,” indicazione che lascia parecchio spazio all’immaginazione. Altrettanto inquietante l’avvertenza che il prodotto “può contenere tracce di mollusco.” Nella confezione ci sono pari numero di cappellini e dischi di pasta coordinata, per essere cotti in due modi: “vuoti” oppure farciti utilizzando il disco come tappo per chiuderli. Se la sigillatura non viene bene tutto il ripieno si perde nell’acqua di cottura. E poi chissà se il sombrerone mantiene la forma una volta cotto, o se la punta si affloscia come il cappello parlante di Harry Potter.
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