Cresce la fama del Minger. Nome di un noto formaggio scozzese, che sta a indicare una specifica caratteristica, perlopiù negativa: quella di presentare un odore sgradevole. In effetti, si tratta del formaggio più “puzzolente” al mondo. E se lo dice il suo stesso produttore, c’è da fidarsi. Eppure, nonostante nome e registro olfattivo, il Minger oggi è diventato famoso anche per la sua bontà. Inizialmente snobbato dalla grande distribuzione, ha gradualmente raccolto consensi presso alcuni piccoli rivenditori arrivando oggi a fregiarsi di un numero non indifferente di appassionati.
Il Minger è un formaggio a crosta lavata. Dalle sembianze di un brie, presenta una consistenza morbida e un “sapore di menta”. Viene prodotto in Scozia da almeno 7 anni da Rory Stone, un casaro di 59 anni della Highland Fine Cheeses, cresciuto a sua volta all’interno di una famiglia di produttori caseari. Come detto, un formaggio che negli anni si è imposto all’attenzione dei più per un dettaglio non certamente secondario: la sua natura di prodotto caseario “dall’odore più putrido al mondo”, come ammette lo stesso Stone. Così ha ricevuto in dono da qualche degustatore di passaggio l’appellativo, non proprio positivo, di minger (in slang “persona o cosa spiacevole”). Un esito produttivo che non era stato contemplato in origine dal casaro. In effetti, non aveva in programma un formaggio che si rivelasse tanto forte al naso.
Allo stesso tempo, il carattere distintivo, ovvero la sua puzza, lo ha reso in un certo senso indimenticabile, diventando tanto la sua forza, quanto sintomo della sua genuinità. Esattamente quanto espresso dal produttore presso il Times: “Non immaginavo che avremmo potuto raggiungere un odore così intenso, così orrendo. Lo trovo davvero bizzarro. Sappiamo che puzza e sappiamo che non è molto gradevole. Ma questo sembra essere ciò che ha acceso i fuochi d’artificio”. Del resto, “questo è l’odore che dovrebbe avere la crosta lavata”.
La trasformazione è semplice quanto complessa e investe la stagionatura del formaggio. Stando a Tonya Schoenfuss, professoressa di scienze alimentari dell’Università del Minnesota e giudice di lunga data in competizioni lattiero-casearie, “quando un formaggio stagiona, ha inizio la fase di scomposizione dei grassi nelle proteine, e i batteri, il lievito, le muffe e tutti i microrganismi portano a composti aromatici, alcuni particolarmente volatili. Ed è da tale processo che si sviluppa quell’odore”.
Agli esordi, molti supermercati respinsero la distribuzione dello stesso in virtù dell’odore pervasivo. Quindi il minger per un periodo ha avuto il suo tallone di Achille. Tuttavia, con il tempo diversi piccoli negozi, alcuni indipendenti, hanno iniziato a “stoccarlo”. In seguito, seppur gradualmente, il formaggio ha raggiunto il successo aggiudicandosi numerosi premi e venendo giudicato persino quale miglior formaggio speciale al Royal Highland Show di Edimburgo del 2019. Quindi, per alcuni, un formaggio tanto puzzolente quanto delizioso.
Così, recenti sviluppi hanno registrato la volontà dell’Asda (catena britannica di supermercati attualmente controllata da Walmart e specializzata nella vendita al dettaglio di cibo oltre che di vestiti e giocattoli) di immagazzinare il formaggio nei suoi negozi in pianta stabile. Chiaramente un primo passo importante per una piccola produzione che potrebbe allargare il suo bacino di consumo. Un balzo in avanti confermato da Stone: “chiedono ancora campioni e la cosa non si ferma”. Tutto questo, senza tralasciare comunque gli aficionado di “vecchia data”. Gli stessi che a loro modo hanno consentito alla produzione di sopravvivere in periodi meno felici.
Occorre però sottolineare come il Minger non rappresenti un unicum. Diversi sono i formaggi al mondo che potremmo definire “puzzolenti”. Per esempio, nel 2004, i ricercatori della Cranfield University hanno eletto come il più puzzolente il formaggio francese Vieux Boulogne. Questo genere caseario dalle sfumature “pungenti” da decenni ormai affascina i suoi proseliti. L’esistenza di vari festival e concorsi a tema nutre la passione e la cultura attorno a questa tipologia di formaggi. Un mercato che cresce di pari passo con la voglia dell’individuo di vivere esperienze gustative tanto forti. Per Marc Bates, esperto del settore che per anni ha gestito il caseificio della Washinghton State University, “siamo diventati più avventurosi”. O, magari, semplicemente più golosi.
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