Anche le riserve boschive più piccole richiedono cure e interventi mirati: sembra un’affermazione banale, ma non lo è. Soprattutto perché ogni anno le foreste italiane assorbono 42,6 milioni di tonnellate di anidride carbonica dall’atmosfera. Un numero da record che, con lo sviluppo delle operazioni di gestione sostenibile, potrebbe aumentare del 30 %, secondo le stime dell’ultimo rapporto di Fondazione Symbola, Coldiretti e Bonifiche Ferraresi, pubblicato alla fine del 2020. Purtroppo, però, la strada da fare è ancora molta: nel nostro paese le aree verdi marginali rischiano di rimanere escluse dai piani d’azione collettivi, che interessano soprattutto i terreni di maggior estensione. Come garantirne la tutela? A porsi il problema, un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Scienze Forestali di Firenze, che hanno da poco inaugurato Forest Sharing, una community incentrata sulla valorizzazione del patrimonio forestale nazionale (selezionata come best practice per l’innovazione all’interno del progetto Rosenwood dell’UE).
“Io e i miei colleghi di dottorato abbiamo sempre riflettuto sull’estrema frammentazione della proprietà forestale italiana”, racconta Yamuna Giambastiani, socio fondatore e responsabile tecnico della piattaforma. “In media, la maggior parte dei privati gestisce piccoli boschi che vanno dai 5 ai 15 ettari, con lo svantaggio di dover sostenere costi di manutenzione piuttosto elevati. Così abbiamo pensato di sfruttare i principi dell’economia circolare condivisa per mettere il nostro background a disposizione di chiunque potesse beneficiarne”. Oltre a sposare la causa ambientale, però, il progetto -nato nell’orbita della startup Bluebiloba Srl (spin-off dell’università di Firenze) – rappresenta anche un valido modello d’imprenditoria giovanile. “Prima di iniziare, abbiamo accolto in squadra Lorenzo Massai e Guido Milazzo, specializzati nella gestione aziendale e nello sviluppo informatico. A quel punto l’attività è decollata“. Ma cosa distingue Forest Sharing da altre operazioni simili?
“Anzitutto, siamo indipendenti da qualsiasi struttura giuridica formale, come i consorzi, le cooperative e le associazioni”, chiarisce Yamuna. “Di quelle ce ne sono molte e non abbiamo alcun interesse a sostituirle nelle attività di routine“. Dietro questa nuova community 2.0, invece, c’è un team di esperti super partes che sostengono i privati e gli operatori intenzionati a preservare il delicato ecosistema boschivo. Aderire è semplice (e gratuito): basta collegarsi al network, creare un account e segnalare la posizione geografica dell’area verde. Saranno i tecnici forestali, dopo aver valutato il suo stato di salute, a concordare con i nuovi arrivati una lista di interventi basati sui principi della selvicoltura di precisione, dal taglio del legname alla valorizzazione turistica. “Quando avremo raggiunto un buon numero di iscritti, metteremo a punto un piano di gestione aggregato. In Italia, più che mai, c’è bisogno di colmare un gap strutturale: bisogna coordinare gli sforzi e adottare una visione d’insieme, considerando ciascuna proprietà boschiva come parte di un paesaggio più ampio”.
Chiarito l’intento, una domanda sorge spontanea: qual è il margine di guadagno dei proprietari? “Dopo un primo esame, la squadra si confronta per stimare il valore monetario del bosco, su cui influiscono molti fattori: la specie arborea, l’estensione, l’età, le condizioni geologiche e climatiche della zona, ecc.”, spiega Yamuna. “In questo modo, ciascun privato può investire nello sviluppo dell’area forestale e ricavarne una rendita tale da coprire i costi o, se la situazione lo consente, generare una fonte di reddito aggiuntiva”. Tra i benefit offerti dalla startup, poi, c’è anche l’opportunità di collaborare con imprese del settore, associazioni di trekking e ditte specializzate nella costruzione di parchi avventura, o di partecipare a bandi di concorso regionali ed europei. “Infine, per monitorare giorno dopo giorno la gestione delle proprietà, faremo ricorso ai droni e ai satelliti. Le nuove tecnologie sono una risorsa importante per garantire la sopravvivenza degli ecosistemi boschivi. Forest sharing non è una forma di controllo, ma uno strumento di tutela”.
Forest Sharing- Via San Bonaventura, 13 c/o DAGRI-UNIFI, 50126 – Firenze- Pagina Facebook– www.forestsharing.it
a cura di Lucia Facchini
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