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Togliere la dicitura "allevato" dalle etichette del salmone. Le decisione della Scozia che puzza di greenwashing

La decisione del Dipartimento per l'ambiente, l'alimentazione e gli affari rurali (Defra) faciliterebbe le pratiche di greenwashing e trarrebbe in inganno i consumatori nell'acquisto di un prodotto alimentare che è il più esportato dall'intero Regno Unito

  • 08 Maggio, 2024

Diverse organizzazioni in difesa dei diritti degli animali ed importanti chef stanno esprimendo il loro dissenso contro la decisione del Dipartimento per l’ambiente, l’alimentazione e gli affari rurali (Defra) scozzese di rimuovere la dicitura “d’allevamento” sulla parte anteriore delle confezioni di salmone locale in vendita. La risoluzione, ratificata nell’aprile scorso, sarebbe legittimata dal fatto che il salmone non cresciuto in cattività non viene più da tempo venduto nei supermercati. Un fattore di cui i consumatori sarebbero ormai a conoscenza. Secondo le accuse, la normativa agevolerebbe le pratiche di greenwashing e trarrebbe in inganno i compratori.

Trasparenza sull’origine dei prodotti acquistati

«Ora più che mai, le persone hanno bisogno di conoscere la vera origine dei prodotti che acquistano e consumano, in modo da poter prendere decisioni informate», ha dichiarato al Guardian una rappresentante di WildFish, organizzazione in prima linea nel contrasto alla delibera della Defra. «Questo cambio di nome è un passo nella direzione sbagliata». L’obbligo iniziale della dicitura “d’allevamento” (che dovrà comunque rimanere nella parte posteriore delle confezioni in vendita) era stato posto in essere tramite lo schema delle indicazioni geografiche protette (Pgi) locali, introdotto in sostituzione delle normative europee. Oltre al salmone scozzese, esso contempla altri prodotti tipici locali come il whisky, l’agnello e la carne bovina.

Le pessime condizioni degli allevamenti

L’altra organizzazione ad avere messo nel mirino la nuova risoluzione è Animal Equality Uk, che ha contestato lo stato di degrado generale in cui verserebbe l’industria scozzese del salmone d’allevamento. «Infestazioni e malattie mortali non sono solo comuni, ma la norma», ha affermato, sempre al Guardian, la direttrice esecutiva dell’ente, Abigail Penny. Un allarme già lanciato da WildFish, che al lancio della sua campagna “off the table“, dove si chiede agli chef e ai ristoranti di non inserire il salmone d’allevamento nei menù, ha raccolto più di 200 adesioni da parte di importanti rappresentanti della ristorazione.

Le esportazioni top di salmone scozzese

La questione assume ancora più rilevanza se si considera come il salmone scozzese sia da anni il prodotto alimentare più esportato dall’intero Regno Unito, superando di gran lunga il secondo classificato, ovvero il formaggio cheddar. Nel 2023, le vendite ammontavano a 581 milioni di sterline, facendo registrare un aumento del 5% rispetto all’anno precedente. Il salmone riscuoteva grande successo anche tra i consumatori britannici, per un mercato che si assestava intorno a 1,25 miliardi di sterline l’anno.

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