Uno spuntino sbagliato ha decretato la fine della specie del Gigantopithecus blacki, le nostre scimmie antenate. Sull’estinzione di questo spettacolare animale preistorico da sempre c’è una specie di giallo. Nessuno scienziato ha mai potuto esprimere una sentenza definitiva sul perché della sua scomparsa. Ora, a quanto riporta il Guardian, il mistero potrebbe essere arrivato a una soluzione. E questa potrebbe, sorprendentemente, insegnarci qualcosa sulle nostre abitudini alimentari moderne. E metterci in guardia.
Il Gigantopithecus era un animale vissuto nella preistoria, nel Pleistocene inferiore–medio, circa 2-0,3 milioni di anni fa, il cui esemplare maschio poteva raggiungere l’altezza di 3 metri e pesare fino a 200-300 kg. E – a quanto pare – è stato spazzato via dalla faccia della terra da una scelta alimentare sbagliata che oggi potremmo definire non propriamente “gourmet”. Una mossa azzardata per reagire al cambiamento climatico che però ha precipitato l’intera specie in un declino senza ritorno.
Quando le foreste dense sono diventate un ricordo per via dei cambiamenti climatici, l’ambiente intorno allo scimmione è drammaticamente cambiato e gli esemplari ha iniziato a digiunare per lunghi periodi. Poi, piano piano, mentre l’alternanza isterica delle stagioni umide e secche riducevano la quantità di frutta disponibile, l’antenato dell’uomo ha cominciato a cambiare genere di alimenti e a dedicarsi a cortecce e ramoscelli.
Sarebbe stata proprio questa scelta alimentare, secondo gli studi citati dal Guardian, a costare l’estinzione del nostro antenato.
Il non detto della ricerca è che il destino di Gigantopithecus può essere interpretato come un monito diretto alla nostra società: una dieta adatta al contesto è decisiva per la sopravvivenza della specie. Mentre i cambiamenti climatici minacciano il nostro pianeta, la nostra tavola deve adattarsi in maniera sensata e ponderata.
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