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Perché dovremmo smetterla di pagare le uova così poco

Le polemiche sull'aumento del prezzo delle uova pongono una domanda: ha senso (per la salute nostra e degli animali oltre che per l'ambiente) continuare con gli allevamenti intensivi? Forse, meglio qualche centesimo in più per maggiore qualità

  • 29 Gennaio, 2025

Sarà il prezzo delle uova – scriveva il Corriere della Sera lo scorso novembre – a decidere il nuovo presidente Usa? “Una dozzina di uova costava 1,60 dollari a gennaio 2017, quando si è insediato Donald Trump. A settembre di quest’anno è arrivata a costare 3,8 dollari, più del doppio e ben più del tasso di inflazione”, spiegava nella suo articolo pre-elettorale Luca Angelini che riprende l’analisi fatta sul Sole24Ore da Roberto D’Alimonte, uno dei più acuti osservatori italiani di contese elettorali. Agli americani, è il succo del ragionamento, non interessano i dati macroeconomici, ma il prezzo dei beni quotidiani al supermercato: con i redditi che perdono valore e aumentano pochissimo, il raddoppio del prezzo delle uova è una leva che può spostare grandi fette di elettorato operaio. Trump ha vinto, ma nel terzo giorno dal suo insediamento le uova hanno raggiunto un record storico negli States.

Uova, alimento quotidiano onnipresente

Va bene… Le uova sono un alimento carico di significati anche simbolici oltre a essere un ingrediente presente ormai – con disperazione di molti vegani – in quasi ogni cibo che si trova in vendita ready-to-eat. Una delle principali cause degli aumenti è l’influenza aviaria che ha obbligato molti allevatori di ovaiole a sopprimere milioni di animali. Poi, c’è l’aumento di molti altri beni che concorrono alla produzione, dalla benzina all’energia elettrica.

Caro-uova, allevamenti intensivi, pandemie

Il punto, però, è sempre quello: allevamenti intensivi. Che vuol dire campi di concentramento di animali considerati esclusivamente come macchinette per produrre cibo a nostro uso e consumo. È qui che l’influenza aviaria colpisce. Senza entrare più di tanto nella polemica etica, probabilmente la politica dovrebbe porsi con più forza qualche domanda sul senso delle produzioni – in particolare quelle agricole – intensive. In ogni caso, lasciando da parte le riflessioni su come produrre e cosa, abbiamo girovagato un po’ per i siti delle catene di grande distribuzione per confrontare un po’ i prezzi delle uova sugli scaffali: davvero hanno un costo tale da far sollevare la rivolta dei consumatori?

Il prezzo di un uovo

Marchio Conad: 6 uova grandi da galline allevate a terra costano 1,69 euro (4,45 euro/kg). Che tradotto in unità, significa che un uovo costa 28 centesimi. la confezione da sei uova medie, invece, costa 1,49 euro, ovvero 0,24 euro a uovo. Si sale un po’ con il biologico di Carrefour: confezione da 6 uova a 2,49 euro, ovvero 41 centesimi per unità. Con il marchio Naturelle, invece, il supermercato propone a 3,29 euro la confezione da 15 uova, ovvero 21 centesimi per un uovo di taglia media da galline allevate a terra. Confezione ViviVerde Coop con sei uova prodotte da galline senza uso di antibiotici: 2,60 euro ovvero 43 centesimi a unità.

Costi, qualità, scelte e chi ci guadagna

Insomma, tra i vari prezzi ci sono forbici significative. Ma la domanda che sinceramente dovremmo porci è se davvero un costo tra i 21 e i 43 centesimi per un uovo siano eccessivi. E questo al di là di ogni considerazione sul motivo dei rincari. Con 42 centesimi possiamo avere l’equivalente di una bistecca sul piano nutrizionale. Con meno di un euro abbiamo anche un piatto biologico. È davvero troppo? Poi, certo, bisogna anche andare a vedere – come per esempio fu con il prezzo del latte – se i prezzi aumentano solo nella grande distribuzione mentre agli allevatori non viene riconosciuto nessun plus.

È ora di porsi domande e decidere quale agricoltura

Probabilmente è arrivato davvero il momento di porci tutti – politici, governanti, ma anche noi semplici individui – qualche domanda sul senso di ciò che mangiamo, che scegliamo e su quanto siamo disposti a pagare e perché. Disponibilità a pagare, in questo ragionamento, equivale a disponibilità a investire. Quanto siamo disposti a spendere per la qualità di ciò che mangiamo? E cosa siamo disposti a ingurgitare pur di risparmiare qualche centesimo? Non sarebbe meglio un uovo da una gallina allevata in maniera non intensiva, magari a costi un po’ più alti ma con un valore nutrizionale (oltre che etico) un po’ più importante? Non è reclamare il prezzo più basso spesso la soluzione ideale per la alimentazione umana: pretendere qualità (e per qualità si intende sia quella nutrizionale che quella ambientale ed etica nel trattamento degli animali) può essere una rivendicazione umanamente più sostenibile e anche più carica di senso. E gusto!

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