Farsi fare prodotti a proprio nome da aziende terze specializzate non è uno scandalo. È una tendenza sempre più diffusa, praticata da aziende che selezionano, da grandi nomi della Grande distribuzione organizzata (Gdo) che vendono cibi private label e da chef stellati e forchettati che sfruttando la propria fama firmano specialità gourmet, e sotto le feste, lievitati (come il panettone). Scandaloso e illegale, invece, è non trovare online informazioni su dove e chi realmente abbia prodotto il dolce.
Di questo capitolo nella telenovela dei panettoni si è occupato Dissapore in un recente articolo. La redazione ha cercato nei diversi siti web di chef famosi informazioni su luoghi e aziende produttive dei lievitati firmati a proprio nome: il risultato è stato che «online è praticamente impossibile scoprire queste informazioni». Confessiamo che anche noi abbiamo rapato in rete entrando nei siti internet di cuochi legati agli amati lievitati di Natale e non abbiamo trovato le indicazioni di legge: solo prezzo, ingredienti e qualche informazione generica.
«Scoperchiato il vaso di Pandora, ora ci tocca fare i nomi degli chef che, in nome del proprio buon nome, firmano panettoni ed evitano, più o meno sottesamene, di dichiarare che gli stessi sono prodotti da qualcun altro», scrivono nell’articolo Chiara Cavalleris e Chiara Cajelli. Stando all’indagine di Dissapore, fa bene Carlo Cracco che dichiara in maniera trasparente che il panettone a sua firma è prodotto presso La Casa del Dolce e figli, pasticceria di Cologna Veneta (VR).
Male, invece, lo chef e giudice di Masterchef Bruno Barbieri (qui la nostra intervista): «Nessuna informazione o specifica su chi esattamente produca il panettone che si vende a caro prezzo (47 euro). Dovremmo pertanto presumere che il tele-cuoco, che peraltro per il suo panettone si è impegnato in lunghi video girati direttamente “dal laboratorio”, realizzi il grande lievitato da sé». Chiamate e ricerche varie non sciolgono il nodo, solo dopo aver acquistato il panettone si scopre che il lievitato firmato e pubblicizzato da Barbieri «è artigianale ma affidato a terzi: è prodotto da Mauro Morandin (si evince dall’indirizzo stampato), ottimo pasticciere di Aosta». L’indagine ha riguardato anche altri: da Matteo Baronetto (Del Cambio) a Claudio Sadler.
Il decreto legislativo 145/2017, entrato in vigore dal 05/04/2018, parla chiaro: in etichetta è obbligatorio indicare la sede e l’indirizzo dello stabilimento di produzione o di confezionamento degli alimenti. Però tali informazioni non sono riportate negli e-commerce: oltre al prezzo – tra i 25 e i 55 euro – sono segnalati tuttalpiù gli ingredienti. Dissapore non si è limitato a cercare. Ha chiesto a Michele Antonio Fino, professore associato di Fondamenti del Diritto Europeo all’Università di Pollenzo, se si possono eludere queste informazioni quando il prodotto viene venduto online. L’esperto ha confermato l’obbligo delle indicazioni di legge sull’etichettatura anche in questo caso.
Per l’acquisto tramite e-commerce vale la buona vecchia regola usata per la spesa “fisica” al negozio o al supermercato: occhio sempre all’etichetta. Sulla confezione dovrà essere scritto “prodotto per conto di Tizio da Caio nello stabilimento Tal de tali, o semplicemente il luogo dello stabilimento. Per trasparenza, per rispetto della legge e del consumatore.
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