C’era una volta e c’è ancora la neola. Anche detta ferratella, pizzella, coperchiola, cancellata, scarpella o come dir si voglia nei molti territori, in Abruzzo, dove ancora viene preparata con la ricetta tradizionale. Parliamo dell’antica e popolare cialda casalinga, tradizionalmente dolce, fatta di pochi semplici ingredienti solitamente disponibili nelle case contadine abruzzesi. Uova, zucchero, farina, un po’ dì olio e la scorza grattugiata del limone, a formare una pastella che poi viene premuta nell’apposito ferro arroventato (testo a forma di cuore, ventaglio, tondo, rettangolo, decorato con le iniziali della famiglia) per il tempo di un’Ave Maria e di un Padre nostro, una preghiera per lato. Conforto frugale ma sempre gradito: colazione, merenda, fine pranzo, durante matrimoni o funerali. Un capolavoro di umiltà e dolcezza, l’essenzialità tutta abruzzese di arrangiarsi con poco e saper arrivare al cuore di chi riceve.
Una coccola profumata di buono, capace di nutrire generazioni. E di sfidare il tempo (di fatto nella versione salata la neola si è imposta anche nella ristorazione locale) per arrivare fino a noi in grande stile, e più popolare che mai. “Un’icona affettiva, un monumento domestico da esibire, con nuove funzionalità”, dicono Dario Oggiano ed Elisabetta Di Bucchianico, designer/ceramisti fondatori del marchio Arago Design, autori di invenzioni che raccontano al mondo l’Abruzzo e la sua gastronomia. A Pescara vecchia nella loro bottega d’arte e mestiere, il lancio, nel 2009, della prima neola in ceramica, bianca e invetriata, premiata qualche anno dopo con la menzione d’onore dalla giuria del Premio Design Abruzzo. Ora, con il rimaneggiamento della “ricetta” dell’impasto d’argilla – in gres – l’inizio di un nuovo capitolo. Nuova matericità, colori tenui e irresistibilmente “buoni, commestibili”, capaci di rievocare i dolci dell’infanzia.
In quali forme, verrà svelato sabato prossimo nell’Officina di Elisabetta e Dario, in Corso Manthonè. Ma qualcosa trapela: “Abbiamo finalmente trovato l’impasto che ci soddisfa quanto a tenacità e resistenza, potremo proporre la nuova linea anche ai ristoratori che lavorano sull’esaltazione delle ricette tradizionali. Neola diventa un pezzo classico di ceramica da esibire, palcoscenico di se stesso: un’alzata per dolci, per la frutta. La faremo testare al nostro vicino, Taverna 58”. Ma prima della presentazione ufficiale del progetto si mangeranno le neole (quelle vere) della gastronomia Alla Chitarra Antica. “Ho sempre adorato le pizzelle, quelle croccanti, da noi vigeva un po’ l’imprinting teramano essendo mia madre nata a Castelli”, racconta Dario Oggiano, “un incanto vederle preparare nella cucina di casa, rituale che poi mi è entrato dentro e che ho restituito impastando l’argilla. Poi il piacere dell’assaggio, il profumo, il gusto del limone… ricordi indelebili”.
Dal canto suo Claudio Minicucci, maestro pastaio e patron della gastronomia numero uno di Pescara, non esita a rivelare la ricetta della casa: uova, zucchero, farina, olio extravergine, vino bianco e semi di anice “che non possono mancare”, precisa, “l’anice era l’insaporitore dei poveri”. Ricetta che, tiene inoltre a far sapere Minicuccci, se la batte con i pure tradizionali cellitte di Sant’Antonio con dentro “sola” marmellata d’uva e, sul fronte salato, con i sempre squisiti fiadoni e pallotte cacio e uova, vanto della storica insegna premiata campione regionale nell’edizione 2017 della nostra guida ai migliori Street Food nazionali. “Faccio le neole croccanti classiche come le sapeva fare mia nonna di Collecorvino, nel Pescarese”, dice ancora Minicucci, “ben altra cosa dalle tipiche nevole ortonesi di semola e mosto cotto, e altro ancora dalle gaufres o dai waffles alla belga, alti e soffici. Qui in laboratorio per le neole impastiamo in media 300 uova a settimana e per la cottura utilizziamo 10-12 ferri elettrici per volta. I pescaresi hanno riscoperto la neola: la produzione è raddoppiata negli ultimi due anni. L’importante – conclude – è mantenere alta la qualità degli ingredienti”.
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