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Billion Oyster Project a New York. Se le ostriche aiutano a salvare i mari

Da qualche anno, le acque che circondano New York si stanno ripopolando di ostriche, e non per uso alimentare. Il merito è dell'associazione Billion Oyster Project, che è riuscita a coinvolgere ristoratori e scuole della città in una bella operazione di rigenerazione ambientale.

  • 28 Gennaio, 2020

Le ostriche dell’Hudson. La storia

Billion Oyster Project è il nome che circoscrive il piano d’azione del progetto esattamente per quel che è: mettere a dimora un miliardo di ostriche nelle acque che circondano New York, con l’obiettivo di rigenerare l’ecosistema delle aree costiere limitrofe alla città. Perché proprio le ostriche? Per ripristinare il passato, innanzitutto. Quando all’inizio del Seicento Henry Hudson risalì per la prima volta il fiume che avrebbe preso il suo nome, la barriera di ostriche che popolavano l’estuario dell’Hudson era estesa per 90mila ettari. E per secoli, prima dell’inquinamento causato dalla rivoluzione industriale, le ostriche di New York furono nutrimento per i coloni, oltre che indispensabile barriera naturale per proteggere le coste dall’erosione e dai fenomeni atmosferici più violenti. Nella prima metà del Novecento, la coltivazione dei molluschi a fini alimentari nelle acque della città fu vietata proprio a causa del progressivo inquinamento dei fondali. L’interesse per il mantenimento delle colonie di ostriche sfumò, e così anche del prezioso ruolo protettivo esercitato dai molluschi si perse memoria.

Coltivazione delle ostriche nelle acque dell'Hudson

Billion Oyster Project. L’idea

Nel 2012, però, contando i danni del devastante uragano Sally – capace di distruggere intere aree costiere, da Coney Island a Staten Island, e di mettere a rischio pure le attività di acquacoltura riprese a seguito delle bonifiche avviate negli ultimi quarant’anni (il Clean Water Act è datato 1972) – il Billion Oyster project prendeva forma grazie all’intuizione dell’omonima associazione, guidata da Pete Malinowski. Con l’intenzione di raggiungere l’obiettivo (il miliardo di ostriche di cui sopra) entro il 2035, e grazie al contributo di volontari e scuole invitate a partecipare all’operazione. Fattivamente, il ripopolamento è stato avviato nell’area del New York Harbour nel 2014, e finora ha permesso di mettere a dimora 28 milioni di ostriche. I benefici portati dal pregiato mollusco – che molti conoscono esclusivamente per l’alto valore di mercato in ambito alimentare – sono molteplici. Le ostriche sono un potente drenante naturale delle acque, capaci di filtrare fino a 190 litri di acqua al giorno, depurandola da nitrati, metalli inquinanti, batteri. Dunque rigenerano i mari al pari delle barriere coralline, contribuendo indirettamente a riportarli in vita, favorendo il proliferare delle fioriture algali e, di conseguenza, il ripopolamento delle acque. Il risultato più sorprendente? Nelle acque che circondano la città, nonostante le attività di uno dei porti più trafficati del mondo, da qualche tempo, sono tornati i cavallucci marini! E con loro molte altre specie che testimoniano il ritrovato stato di salute delle coste. Se non bastasse, la realizzazione di una barriera sempre più resistente permetterà di scongiurare il rischio di erosioni e devastazioni provocate da cataclismi climatici (visto i tempi che corrono, meglio prevenire).

Uno chef ricicla i gusci di ostriche consumate al ristorante

Scuole e ristoranti della città insieme per raggiungere l’obiettivo

Ma anche la componente sociale del progetto è meritevole di essere evidenziata: coinvolgere nell’operazione i ragazzi di oltre 80 scuole di New York è una strategia efficace per fargli conoscere i rischi e le necessità ambientali, in modo divertente ed educativo allo stesso tempo. Ma anche il contributo delle imprese di ristorazione si è rivelato fondamentale: sono proprio i ristoranti della città (più di 75 le attività coinvolte) a fornire le conchiglie delle ostriche (non quelle dell’Hudson, che continuano a non essere commestibili!) che altrimenti costituirebbero scarto alimentare. Nei gusci vuoti, invece, l’associazione può allevare le larve prima di trasferirle in mare, con il supporto della New York Harbour School, centro di formazione sulle scienze marine di Governors Island, tra Brooklyn e Manhattan. E il progetto ha fatto scuola: sulle coste inglesi, l’Essex Native Oyster Restoration Initiative ha trovato forma definitiva nel 2018, con gli stessi obiettivi. Le conchiglie, in questo caso, arrivano dritte dal Borough Market di Londra, dove gli operatori del mercato che trattano il mollusco si sono impegnati a donare i gusci usati.

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