“Chi mangerebbe del cibo sapendo che è stato trasportato in un cubo che ospita più di 200 colonie di batteri?“. Questa è la domanda che sorge spontanea al termine del colloquio con Laura Panzironi, responsabile del Laboratorio SiLa specializzato in analisi microbiologiche alimentari, che ha esaminato una delle sacche (quella apparentemente meno sporca) adibite al trasporto alimentare di Glovo, una delle principali aziende che si occupano di food delivery. Sul fondo e sulle pareti laterali del box sono state trovate più di 200 colonie di batteri. Per avere un’idea di quanto fosse sporco – sebbene alla vista e all’olfatto sembrasse pulito – basta pensare che è il triplo di quelle che possono essere trovate sul pavimento di un ristorante quando durante un controllo sanitario verrebbe bocciato perché troppo sporco. Ecco cosa emerge dall’inchiesta pubblicata sul mensile Gambero Rosso di luglio
Borse delivery legate a un porta biciclette vicino alla Stazione di Porta Genova a Milano – Le foto sono di Yunus Boiocchi
L’espansione del settore ha portato allo sviluppo di regole sempre più strette nell’agroalimentare, a partire dal campo o dall’allevamento e fino alla vendita al consumatore. La normativa europea sulla sicurezza degli alimenti prevede regole di prodotto o produzione e regole preventive riguardo al modo di fare impresa e la sua organizzazione. Sulla prima tipologia di regole le grandi aziende del food delivery hanno una responsabilità limitata (possono ad esempio escludere dall’app un determinato ristorante se ricevono numerose segnalazioni negative) mentre rispondono direttamente per quanto riguarda le seconde.
Nel settore della gestione dei rischi alimentari, soprattutto in ambito di food safety, la prevenzione dei rischi per la salute collegati ai prodotti alimentari si ottiene attraverso una gestione sistematica prevista da normative europee, in particolare dal regolamento (CE) n. 178/2002 e dal regolamento (CE) n. 852/2004. Il sistema utilizzato per garantire la sicurezza è l’Hazard-Analysis and Critical Control Points (HACCP) ideato negli anni Sessanta dalla NASA per assicurare la sicurezza microbiologica degli alimenti forniti agli astronauti. Si tratta di uno strumento di autocontrollo dell’igiene “volto ad aiutare gli operatori del settore alimentare a conseguire un livello più elevato di sicurezza alimentare”. La responsabilità per l’igiene degli alimenti è assegnata agli operatori del settore lungo tutta la catena alimentare, compresi quelli del trasporto, dall’articolo 2 del regolamento (CE) n.852/2004
Le analisi sul borsone del delivery: sul Gambero Rosso di luglio 2023 i risultati integrali
Il controllo del rispetto delle disposizioni in materia di sicurezza alimentare è affidato alle Asl (ai Servizi veterinari e di igiene degli alimenti), ai Nas (il nucleo anti-sofisticazione del comando dei Carabinieri) e all’Icqrf (l’Ispettorato centrale repressione frodi). Questo almeno sulla carta, perché la realtà è ben diversa: nessuno si occupa sistematicamente del controllo igienico sanitario degli alimenti nella fase del loro trasporto. Una grande questione è quella dello stato di conservazione degli alimenti: secondo le procedure HACCP, gli alimenti deperibili cotti da consumarsi caldi devono essere trasportati da 60°C a 65°C, mentre gli alimenti deperibili da consumarsi freddi devono stare a una temperatura non superiore ai 10°C.
Inoltre, per rispettare la catena del freddo, gli alimenti dovrebbero essere trasportati su veicoli muniti di contenitori con attestazione ATP (Accord Transport Perissable) che esistono in commercio, anche se per le loro dimensioni possono essere trasportati da moto o autocarri, ma non da scooter o biciclette. Qui subentra qualche contrasto tra sostenibilità e sicurezza: da un lato le aziende sottolineano di essere green grazie all’utilizzo delle biciclette, dall’altro queste non sono adatte a supportare gli strumenti più idonei a rispettare protocolli di sicurezza come la catena del freddo. Un discorso simile può essere fatto con i contenitori in cartone, che sono più sostenibili ma allo stesso tempo più soggetti a contaminazione perché meno ermetici.
La copertina del Gambero Rosso di luglio 2023 è dedicata all’inchiesta sul food delivery e sulla contaminazione batterica delle borse per il trasporto: un servizio che mostra le analisi effettuate, che racconta tutta la filiera e che suggerisce anche delle possibili soluzioni.
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