Prima un po’ di dati: secondo la catena di supermercati inglesi Waitrose le vendite di panettone quest’anno sono aumentate del 24% e secondo un altro colosso di grandi magazzini, Selfridges, da un po’ di anni a questa parte il panettone batte il Christmas pudding, nel concreto quest’anno per ogni 3 panettoni comprati, i clienti inglesi hanno preso un solo pudding natalizio.
Una bella notizia per il re dei lievitati italiani presa male dal food editor del Times Tony Turnbull: «Basta con il panettone – scrive – sospetto (e spero) che i dati di vendita non raccontino l’intera storia. Tanto per cominciare, molte persone preparano ancora il Christmas pudding, mentre nessuno prepara il proprio panettone a casa, quindi gli amanti del pudding vecchio stile non sono calcolati. Inoltre, sappiamo tutti che il fascino del panettone, con le sue belle confezioni, non sta nel mangiarlo ma nel regalarlo». E continua, rincarando la dose: «Aperitivo assieme? Prendi un panettone. Regalo per un collega? Prendi un panettone. Un ringraziamento alla dog-sitter? Prendi un panettone. È come una grande partita di “pass-the-parcel” (il nostro “patata bollente”) in cui l’obiettivo è quello di non rimanere con il pacco in mano alla vigilia di Natale».
Il giornalista, poi, fa l’elenco di tutti i difetti del panettone: eccessivamente dolce, troppo spesso stodgy (pesante, noioso), dannatamente overexposed (troppo cotto, troppo brunito) e «buono solo quando, in prossimità della data di scadenza ad aprile, ci si fa un gigantesco pudding aggiungendoci il burro». Qui i nostri sospetti si fanno certezze: un panettone che scade ad aprile non può che essere industriale, e dunque pieno di mono e digliceridi che assicurano una lunga conservabilità. Il giornalista ha così perso l’occasione di fare divulgazione spiegando la differenza (abissale) tra un panettone artigianale (qui la nostra classifica) e uno industriale (altra classifica dedicata).
È vero, velatamente lo dichiara scrivendo quanto la produzione di massa abbia rovinato il lievitato e che «lo chef Giorgio Locatelli, i cui cugini producono 20mila panettoni all’anno nel loro panificio in Lombardia, dice che non si fiderebbe mai di un panettone che costa meno di 25 sterline, pensiero difficilmente conciliabile con la proliferazione di dolci da cinque sterline sugli scaffali dei supermercati». Senza però spiegare i motivi della differenza di prezzo – noi ve li spieghiamo qui – e continuando con un articolo decisamente troppo parziale, prendendo ad esempio solo panettoni industriali, come quello al caramello salato di Selfridges o la versione salata con il maiale di Waitrose. Ma il giornalista britannico ha mai assaggiato lo spettacolare panettone al caramello salato di Vicenzo Tiri o i tanti panettoni, riuscitissimi, salati in circolazione? Temiamo di no. E dunque ci prendiamo in carico la questione e a breve pubblicheremo pure la lista di panettoni salati che meritano. Prego.
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