L’obiettivo è di dimezzarne il numero entro il Giubileo, come ha dichiarato l’assessore al Commercio del Municipio I, Jacopo Scatà, una mossa che coinvolge le zone centrali della Capitale, colpendo dritto quello che ormai a tutti gli effetti è uno dei cuori pulsanti della città: i minimarket. Che passeranno da 1.200 a 600 circa.
Parliamo di una realtà che rappresenta circa un terzo del totale degli esercizi del Centro di Roma (il provvedimento coinvolge le zone da Monti a Trastevere, e tutta l’area Unesco fino al Vaticano), che sono 3.500 in tutto. Il motivo della chiusura? Questioni di “decoro”. Le tante insegne sparse per la città sono finite più volte al centro della cronaca per violazioni delle norme igienico-sanitarie, tracciabilità dei prodotti, presenza di lavoratori in nero. Negli ultimi dieci mesi sono state tante le mancanze citate nei verbali redatti dalle pattuglie dei vigili urbani incaricati di controllare i negozi, e seicento le sanzioni notificate a proprietari e gestori.
Ma è soprattutto la vendita di alcolici a ragazzi minorenni a preoccupare, vendita che avviene fin troppo spesso anche oltre l’orario di chiusura delle 22 disposto dal Regolamento di polizia urbana. Per contrastare questo fenomeno, si punta allora a ridurre il numero di esercenti, parte integrante del tessuto sociale, ancora di più dopo la pandemia, quando per le vie del Centro sono sorti circa 220 minimarket nuovi, che anche grazie alla crisi delle attività hanno trovato terreno fertile.
La stretta prevede di limitare i trasferimenti, per questi negozi fin troppo frequenti. I minimarket potranno spostarsi solo se per allargarsi e aprire un locale di almeno 100 metri quadri, missione pressoché impossibile nel cuore di Roma. Questo per evitare che le attività aprano e chiudano in poco tempo lasciando i conti in sospeso, “prima chiudevano per motivi fiscali” ha spiegato Scatà, “ora ci aspettiamo una diminuzione”. I negozi che abbassano la saracinesca, infatti, saranno destinati a rimanere chiusi.
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