Domenico Vivino, Giovanna Bagnato e Miriam Pugliese sono tre ragazzi calabresi che sul loro territorio hanno deciso di investire per costruire un futuro sostenibile. Per sé, e per l’economia locale. Così, a San Floro, piccolo centro in provincia di Catanzaro, hanno fondato la Cooperativa Nido di Seta, rievocando una tradizione agricola scritta nella storia della provincia calabrese, fino alla fine dell’Ottocento importante polo di produzione della seta. Proprio a San Floro, si allevavano milioni di bachi, grazie all’investimento sulla coltivazione di gelsi destinati alla bachicoltura. Ed è tutto documentato nelle carte conservate presso l’Archivio di Stato di Catanzaro. La cooperativa è nata nel 2014 sulle ceneri di questa tradizione, partendo dal recupero di un terreno abbandonato. E qualche tempo fa abbiamo raccontato nel dettaglio questo progetto di riqualificazione affrontato con tenacia, lungimiranza e umiltà, contando sul sostegno degli anziani del paese, ultimi custodi dei segreti della gelsibachicoltura. Oggi, Nido di Seta, oltre a produrre e filare la seta – poi colorata con tinture naturali, attingendo ai prodotti della terra, dai fiori di ginestra alla cipolla di Tropea, alle stesse more di gelso disponibili in grande quantità – confeziona anche confetture e liquore alle more, della varietà Morus Nigra. Così il lavoro si è consolidato, dando lavoro a un bel numero di persone del luogo.
Nella normalità delle cose, interrotta da questo difficile 2020, la cooperativa si sostiene anche con le visite in azienda che attirano visitatori da tutta Italia (e non solo) per scoprire il gelseto esteso per un ettaro e mezzo di terreno (sono circa 3500 le piante di varietà Kokusò), osservare da vicino il ciclo di un baco da seta, ammirare il processo del dipanamento dei bozzoli, visitare il museo della seta al Castello Caracciolo, e poi pranzare all’aria aperta con i prodotti locali. Il 2020, però, ha messo a dura prova queste attività. Così è nata la necessità di far apprezzare il lavoro e i prodotti della cooperativa attraverso un altro canale.
Adotta un gelso è la campagna promossa da Nido di Seta sulla scia di un approccio sempre più diffuso tra le piccole realtà agricole che vogliono stringere un rapporto diretto, trasparente e genuino con il consumatore, per instaurare un legame – non solo commerciale – da cui tutti traggono vantaggio (ne abbiamo scritto poco tempo fa a proposito del Crowdfarming). Il meccanismo è semplicissimo: chiunque lo voglia, da ogni parte del mondo, può adottare uno degli alberi del gelseto di San Floro, ottenendo in cambio i prodotti della cooperativa che preferisce, che si tratti di agrifashion (filati e tessuti in seta) o bontà gastronomiche. Per questo è necessario operare una decisione a monte, scegliendo se adottare un albero da foglia (per l’allevamento dei bachi) o da frutto. L’adozione è annuale e rinnovabile, garantisce un certificato di adozione (si può scegliere anche di regalarlo, e il Natale alle porte ne fa un’ottima idea da mettere sotto l’albero), notizie costanti sullo stato di salute dell’albero, la possibilità di vedere da vicino il gelso adottato, quando sarà possibile visitare l’azienda.
E, ovviamente, l’invio dei prodotti richiesti – spese di spedizione incluse – secondo la quota destinata all’adozione: con 50 euro, si ha diritto a due confetture alle more di gelso, una al gelso e bergamotto, due tisane a base di gelso ed erbe officinali e una saponetta con sericina. Chi fosse interessato ai prodotti tessili, invece, può optare per una spesa annuale che spazia dai 75 ai 195 euro, e scegliere tra kefieh e sciarpe in seta, tessute su telaio a mano. L’adozione, come sottolineano i ragazzi, sosterrà tutta la filiera dei piccoli artigiani del territorio che si è messa in moto a partire dalla coltivazione del gelseto, oggi al centro di un circuito virtuoso di economia sostenibile.
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