Tra regole ufficiali e leggende metropolitane, non è sempre facile districarsi su ciò che è consentito o meno fare trascorrendo una giornata alla spiaggia, in particolare quelle private. Le norme possono variare da località a località, e non è raro che alcune vengano imposte senza poi trovare alcun riscontro nelle regolamentazioni nazionali. Di seguito, un piccolo vademecum sul tema, che non può non cominciare con il diritto, verrebbe da dire più naturale e quasi scontato, sul quale invece spesso si accendono dibattiti e polemiche sotto i soli estivi dei litorali italiani.
Le leggi n. 217 del 2011 n. 296 del 2006 stabiliscono come l’accesso e la fruizione della battigia siano liberi e gratuiti per tutti. Diffidare, quindi, da esercenti che non li consentano o impongano per essi il pagamento di una certa somma di denaro. Va ricordato infatti come la spiaggia sia data in concessione agli stabilimenti balneari, ma rimanga un bene pubblico di proprietà demaniale. Il discorso, va da sé, cambia se si utilizzano i servizi messi a disposizione dagli esercenti, quali sedie sdraio ed ombrelloni, docce o cabine.
Come accennato in precedenza, è necessario attenersi non solo alle leggi nazionali, ma anche alle regolamentazioni locali che, spiega il comma 1 della norma del 2006, spettano in primis alle Regioni, le quali hanno il compito di «individuare un corretto equilibrio tra le aree concesse a soggetti privati e gli arenili liberamente fruibili» e di «individuare le modalità e la collocazione dei varchi necessari al fine di consentire il libero e gratuito accesso e transito, per il raggiungimento della battigia antistante l’area ricompresa nella concessione, anche al fine di balneazione».
A tali indicazioni vanno a sommarsi poi quelle comunali, le quali talvolta possono vietare l’occupazione degli ultimi 5 metri di battigia più vicini al mare. Nessun problema, invece, per chi vuole mangiare in spiaggia: il discorso è valido sia per le spiagge libere sia per gli stabilimenti. Le concessioni infatti valgono per lo spazio assegnato ai gestori, non garantendo loro tuttavia un monopolio sulla ristorazione.
A questo punto, è bene fare chiarezza sulle tre tipologie di spiagge accessibili in Italia: libere, attrezzate e a pagamento. Se per le prime e le ultime non ci sono troppi dubbi, potrebbe permanere qualche perplessità sulle seconde. Esse vengono, al pari degli stabilimenti, date in concessione a un privato, tuttavia l’accesso è libero, così come l’utilizzo dei servizi di base quali docce, bagni e il salvataggio. Inoltre, il 50% dell’area deve sempre e comunque rimanere privo di sdraio ed ombrelloni forniti dagli stabilimenti.
Al mare, generalmente, si può fumare, benché alcuni Comuni si stiano adoperando per leggi specifiche che lo vietino, così come portare i propri animali, ma anche in questo caso esistono restrizioni a livello locale. Lo stanziamento prolungato di ombrelloni e sdraio su spiaggia libera è considerato occupazione illegale del demanio pubblico, mentre per i giochi con il pallone, vedasi i casi citati in precedenza, non esistono normative nazionali, ma è sempre consigliabile informarsi sui divieti imposti dai Comuni o dalle Capitanerie di Porto.
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