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Sufganiyot
Già dall’etimologia sono tutto un programma: la radice del nome dei “sufganiyot”, infatti, significa “spugna”. Perché la pasta di questi donut ripieni di confettura deve essere soffice e spugnosa. Una bella scommessa da fare in casa, oltre ad un bel po’ di lavoro. E dato che stiamo parlando di una ricetta che molto ha in comune con le zeppole, i krapfen, i berliner, invece di rischiare di servire delle palle di pasta intrisa di olio la cosa migliore è cercarsi una buona pasticceria di fiducia e recuperarne una quantità sufficiente per non doverne desiderare più fino alla prossima Hanukkah.
Mini-Sufganiyot
Più facile e di tradizione più antica, è invece la “cassola” tipica della cucina ebraico-romanesca a base di ricotta (possibilmente di pecora), semplice da preparare, antico e più legato alle tradizioni della Festa delle Luci di quanto non si creda. Sarebbe infatti l’ultimo esempio dei veri latkes, prima che la versione patate&cipolle dei paesi dell’Est Europa prendesse il sopravvento nel XIX secolo, dato che le patate erano più diffuse ed economiche da recuperare. Infatti i latkes per secoli furono solo ed esclusivamente le frittelle (pancakes) di ricotta, oppure i blintz (le crepes) ripieni di formaggio fresco.
Il nome “cassola”, poi, non deve trarre in inganno: sono in molti a scrivere che è una versione diversa di altre ricette dallo stesso nome, tipiche della Sardegna (con il pesce) e della Lombardia (con verze e maiale), ma l’errore è basarsi semplicemente sull’assonanza fra “cassola” e “casseoula”. I due significati sono completamente diversi: laddove il secondo indica la tipica cottura stufata, il primo - stando a quanto afferma lo storico A. Toaff nel suo libro “Mangiare alla Giudia” - ha la propria radice in “cascio” (cacio), ad indicare la presenza del formaggio.
La preparazione è veloce e di sicura riuscita, oltre ad essere un piatto molto più filologico (e salutare) dei suoi amici bomboloni. Ovviamente, anche in questo caso non esiste una ricetta che sia uguale all’altra: Giuliano Malizia, nel suo “La cucina romana ed ebraico-romanesca” ne riporta una versione col riso, ma chiunque abbia avuto una nonna romana (e non per forza ebrea), può ricordarla mescolare a circa mezzo kg di ricotta di pecora qualche cucchiaio di zucchero, tre uova, un po’ di cannella, la scorzetta di limone e, se era in vena, qualche uvetta o pezzetto di cioccolata. Poi versare il composto in una padella e cuocerlo come fosse una frittata, o meglio ancora passarlo in forno a 180° per più di 30’, il tempo di vederla dorarsi per bene.
Serena Guidobaldi
14/12/2012
credits foto:
Cassola (foto di apertura) ladiciassettesimacucina.tumblr.com
Sufganiyot Flickr user Avital Pinnick
Mini-Sufganiyot: CCYoninah en.wikipedia.org/wiki/
Cassola (foto nel testo) Alessandra Rovati via forward.com