Il suo nome d’arte, che è prima di tutto il tag con cui firma i suoi lavori, è Cibo. E il motivo è presto detto: Pier Paolo Spinazzè, 37 anni, di San Giovanni Lupatoto, è uno street artist che usa il cibo – i suoi colori e il sentimento di gioia e condivisione che il cibo trasmette – per parlare di libertà. Di più, negli ultimi anni, Cibo è diventato un emblema della lotta all’odio e alla violenza, impegnandosi a coprire con i suoi murales a tema gastronomico scritte che inneggiano al fascismo, svastiche, croci celtiche e ogni messaggio poco edificante che imbratta i muri di Verona e dintorni. Quasi ponendosi davanti al problema con l’ingenuità di un bambino, disegnando pomodori dove qualcuno aveva affidato alla bomboletta un insulto, muffin golosi, fragole, salsicce cartoon e fette di pizza per coprire simboli che offendono la cultura e la libertà. Eppure con grande lucidità, nella semplicità di un’operazione che lo impegna da più di dieci anni: “Non faccio politica ma un’azione semplice, di decoro perché amo il mio Paese e penso che le città siano dei grandi musei e per questo voglio che siano belle. Ho ricevuto, anche, molte minacce ma non mi fermano, anzi mi stanno motivando sempre di più, perché l’odio e la paura vanno combattuti con la cultura”, raccontava poco più di un anno fa Cibo ad Artribune.
Di minacce, parlava allora, perché le intimidazioni che cercano di scoraggiare la sua “resistenza colorata” – pur sostenuto da un gran numero di persone, che spesso lo chiamano per intervenire nel proprio quartiere, quasi fosse un “pronto intervento” contro l’odio – non sono mai mancate. L’ultima, una settimana fa, più feroce delle precedenti: una bomba carta sotto la sua auto, una ritorsione fortunatamente priva di conseguenze serie (la bomba è deflagrata durante la notte, quando l’auto era parcheggiata sotto casa), ma emblematica, a detta dello stesso Cibo, del montante clima d’odio con cui ci troviamo a fare i conti in questo periodo storico.
L’artista, che di recente ha stigmatizzato con forza i cori razzisti della tifoseria dell’Hellas Verona contro Balotelli, si batte da sempre in prima persona per smontare lo stereotipo che fa del capoluogo veneto una città razzista (non a caso, anche qualche importante realtà commerciale del territorio apprezza la sua opera: nella primavera 2018 Apo Scaligera gli ha commissionato un imponente murale 120 metri per 9, a tema ortofrutticolo). Pur non nascondendo la preoccupazione per i tempi che corrono: “Siamo assediati dall’odio, ma non per questo deve passarci l’appetito” scrive oggi sulle sue pagine social “Per quel che mi riguarda ho molta fame!”.
La metafora, di nuovo, non è casuale. Il legame col cibo, nell’opera di Spinazzé, è frutto di un apprezzamento profondo per la materia (agli studi d’arte, con specializzazione in Disegno industriale del prodotto, Cibo ha sempre affiancato lavori nell’ambito della ristorazione): “L’Italia ha un patrimonio gastronomico enorme che viene valorizzato solamente in parte, purtroppo. Per me è una continua fonte d’ispirazione”, e un veicolo di comunicazione efficace per raggiungere un pubblico ampio: “Cibo significa passare il tempo con le persone che amiamo, condividendo gioia e felicità”, sottolinea lo street artist sulla pagina online che racconta il suo progetto, avviato nel 2008.
Cibo, dunque, non molla. E tutti possono contribuire a sostenerlo, finanziando i suoi lavori, nella maggior parte dei casi realizzati dall’artista senza chiedere compenso, in soccorso di scuole, cittadini preoccupati, comitati di quartiere: la sua Caprese contro l’odio, una fetta di formaggio contro il nazismo, gli hot dog “più salsa e meno fascismo”, la ricetta illustrata di una pasta e fagioli disegnata a coprire un muro imbrattato d’odio la scorsa estate. La pagina di Cibo sulla piattaforma online Patreon esiste per questo: lì Cibo condivide gli ultimi lavori e il suo impegno, e invita chi ne ha voglia a donare un piccolo contributo in denaro per l’acquisto di colori e materiali da disegno.
a cura di Livia Montagnoli
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