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Nuovi consorzi

Nasce il Consorzio dei Vignaioli del Lazio. Così i produttori artigianali sfidano il modello agroindustriale

Sono 29 le cantine che hanno aderito al nuovo progetto, guidato dal produttore Stefano Matturro. Il debutto ufficiale il 25 aprile a Frascati in occasione di Vinalia Priora

  • 23 Aprile, 2025

Nasce il Consorzio dei Vignaioli del Lazio, una realtà che riunisce 29 aziende vitivinicole indipendenti provenienti da tutti i territori della Regione con l’obiettivo di promuovere un’idea nuova e condivisa di viticoltura: radicata nei territori, attenta all’ambiente, aperta alla collaborazione e guidata da una visione etica del paesaggio. A guidare questo progetto è Stefano Matturro, vignaiolo dell’azienda L’Avventura di Piglio, affiancato da un gruppo eterogeneo di produttori (dentro ci sono cantine come  Merumalia, Tre Botti, L’Avventura, solo per citarne alcune) che incarnano le nuove istanze del vino artigiano italiano.

Il logo del nuovo consorzio laziale

Il ruolo dei vignaioli indipendenti nel nuovo Consorzio

Tra i protagonisti del Consorzio figura anche Ludovico Botti, giovane vignaiolo e voce autorevole della nuova generazione del vino laziale, recentemente eletto vicepresidente del Cevi – Confederazione Europea dei Vignaioli Indipendenti. La sua nomina testimonia non solo la vitalità del movimento Fivi nel Lazio, ma anche l’apertura del consorzio verso le reti transnazionali della viticoltura indipendente, che oggi più che mai rappresentano un presidio culturale, sociale ed ecologico in tutta Europa.

La difficoltà di comunicare la viticoltura laziale

Con oltre 18mila ettari di superficie vitata e una produzione di circa 730mila ettolitri annui, il Lazio è una regione dalla vocazione enologica antica e diversificata. Colline, pianure, costa, laghi, montagna, isole e suoli vulcanici: il mosaico geografico laziale, così unico e variegato, ha sempre favorito una notevole varietà produttiva. Tuttavia, la presenza di 36 tra Dop e Igp, spesso nate negli anni ’70 e oggi percepite come frammentate e ridondanti, ha contribuito a rendere difficile una narrazione unitaria e riconoscibile del vino laziale. È proprio in questa discontinuità che il nuovo consorzio prova a intervenire, offrendo un’alternativa basata su pratiche condivise, identità territoriali forti e una nuova cultura della cooperazione.
Il Consorzio si inserisce in un cambiamento più ampio che riguarda il modo in cui abitiamo e costruiamo lo spazio. Come ricorda il geografo Michel Lussault, oggi più che mai serve una «nuova urbanità terrestre», fondata sulla cura reciproca, sulla coabitazione tra esseri umani e ambiente, sulla responsabilità condivisa nei confronti dei territori. Applicando questi concetti alla viticoltura, il paesaggio agricolo non può più solamente essere visto come un oggetto da conservare, ma come uno spazio vivo da co-creare, dove pratiche sostenibili e relazioni sociali danno forma a un territorio più equo, abitabile, resiliente.

Il debutto del nuovo Consorzio

Dopo una prima presentazione al Vinitaly 2025, all’interno del padiglione Lazio, il Consorzio avrà la sua prima uscita ufficiale durante Vinalia Priora, evento dedicato alle geografie del vino del Lazio, che si terrà a Frascati dal 25 al 27 Aprile. Venerdì 25 Aprile alle ore 12, la masterclass intitolata “Viticoltura e Paesaggio: il nuovo Consorzio dei Vignaioli del Lazio si presenta” offrirà un’occasione di confronto aperto sulle nuove prospettive del paesaggio rurale laziale. Al centro della discussione non solo la tutela del paesaggio storico quindi, ma soprattutto la necessità di immaginare nuovi spazi condivisi, capaci di rispondere alle sfide contemporanee.

Un modello alternativo all’agroindustria

Il Consorzio dei Vignaioli del Lazio si propone così come un laboratorio di innovazione territoriale, in cui la qualità del vino è strettamente legata alla qualità delle relazioni, alla sostenibilità delle pratiche agricole, alla volontà di costruire modelli alternativi al paradigma agroindustriale dominante. In un contesto segnato dalla crisi climatica, dalle disuguaglianze economiche e dall’erosione delle identità locali, la scelta di fare rete tra piccoli produttori diventa anche una risposta politica: un modo per riaffermare il valore del lavoro agricolo, del territorio e delle comunità rurali.

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