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L'ora del caffè

Bialetti diventa cinese. Ecco come la celebre moka ha silenziosamente lasciato l'Italia

L'iconico brand rappresentato dall'omino coi baffi è stato acquisito da Nuo Capital, una holding lussemburghese fondata da Stephen Cheng della World Wide Invest

  • 17 Aprile, 2025

La mitica moka Bialetti diventa cinese. Cambia un’epoca o forse era già cambiata ma in molti non se ne erano accorti. L’iconico brand rappresentato dall’omino coi baffi è stato acquisito da Nuo Capital, una holding lussemburghese fondata da Stephen Cheng della World Wide Investment Company con sede a Hong Kong. Il contratto di compravendita prevede che Nuo Capital acquisti una partecipazione complessiva del 78,567% del capitale sociale. Ironia della sorte, la moka Bialetti “Made in Italy” è stata per anni prodotta principalmente in Romania (SC Bialetti Stainless Steel S.r.l.) e Turchia (Cem Bialetti A.S.) e solo l’assemblaggio finale veniva completato in Italia per preservarne il marchio e l’identità italiana.

Le problematiche legate ai debiti e alle capsule

Il marchio era alla ricerca di un acquirente dal 2023 e fino allo scorso anno contava un debito che ammontava a poco più di 90 milioni di euro. Nonostante abbia registrato un aumento del fatturato di 104,7 milioni di euro lo scorso anno, con un incremento del 6%, tali guadagni non sono stati sufficienti a contrastare anni di calo delle vendite. La radice dei problemi di Bialetti risiede nell’ascesa fulminea dei sistemi a capsule per il caffè, un settore che ha registrato un aumento dei profitti del 63% lo scorso anno. Le macchine a capsule, guidate da giganti come Nespresso e Lavazza, offrono praticità e varietà e riscuotono un grande successo tra i consumatori più giovani. Al contrario, il lungo rituale della preparazione del caffè con la moka ha perso il suo fascino per molti. In un Paese come l’Italia, in cui la tradizione del caffè è radicata, il cambiamento è stato radicale: il 31% dei consumatori preferisce preparare il caffè in capsule, rispetto al 28% in Francia, al 27% in Spagna e all’8% in Germania. A complicare ulteriormente le cose ci sono state la concorrenza internazionale e le chiusure dei negozi dovute alla pandemia, che hanno inferto un ulteriore colpo al tradizionale modello di business di Bialetti.

Gli obiettivi della nuova proprietà

Attraverso la joint venture Nuo Capital, Wwic prevede di espandere la propria presenza internazionale, potenziare i canali di e-commerce e intensificare gli sforzi di marketing. Si prevede che la strategia di Wwic includa la diversificazione della linea di prodotti Bialetti, introducendo eventualmente prodotti esclusivi per il mercato asiatico, e utilizzando al contempo la sua base produttiva per abbassare i costi di produzione. Per l’industria italiana del caffè, l’ingresso di investitori asiatici rappresenta al contempo un’opportunità e un momento di svolta.

Mentre marchi come Bialetti potrebbero trovare nuova linfa vitale sotto la proprietà straniera, altri rischiano di essere messi in ombra o costretti a competere in un mercato sempre più dominato da player globali. In sostanza l’acquisizione di Bialetti mette in luce una trasformazione più ampia nel settore del caffè, dove aspetti “tradizionali” incontrano dinamiche globali che danno, o cercano di dare, forma alle specificità locali.

Il genio di Alfonso Bialetti dà vita alla Moka Express

La storia dell’iconico marchio

La storia di Bialetti inizia nel 1933, quando Alfonso Bialetti creò la moka il cui nome deriva dalla città di Mokha nello Yemen, una rinomata area di produzione del caffè. La moka democratizzò l’espresso, portando la qualità del caffè al bar nelle case di tutti. Negli anni ’50 diventò un elemento essenziale nelle case italiane anche grazie a un’impattante campagna pubblicitaria nella trasmissione televisiva Carosello che vedeva protagonista l’ormai celebre “Omino con i baffi”, un cartone animato nato dalla matita di Paul Campani e ancora oggi simbolo della Bialetti.

A questo si aggiunse lo slogan «Eh sì sì sì… sembra facile (fare un buon caffè)!» e così si creò un tormentone destinato a entrare nella storia della comunicazione pubblicitaria. Uno studio del 2009 stimava che il 90% delle famiglie italiane ne possedesse una. Un po’ più misteriosa è la storia di come sia nata la forma della caffettiera più famosa al mondo. Tra le teorie più accreditate c’è quella della geniale intuizione di Alfonso mentre osservava la moglie alle prese con la lisciviatrice: si trattava di una specie di secchione con un camino forato che veniva posto sul fuoco: nella vasca sottostante si versava l’acqua, che veniva fatta bollire e, per pressione, passava attraverso il tubo centrale che ricadeva sulla biancheria. Un sistema molto simile a quello poi creato da Bialetti.

Alfonso Bialetti

Un oggetto talmente iconico tanto da essere presente nelle collezioni del MOMA di New York: un’esposizione permanente per la macchinetta casalinga più famosa di sempre. L’azienda come la conosciamo oggi è nata ufficialmente nel 1998 dalla fusione di Rondine Italia, produttrice di pentole, e Alfonso Bialetti & C. Una realtà che si è subito data da fare in termini di acquisti: prima la Girmi, l’azienda di piccoli elettrodomestici, poi la turca CEM, specializzata in strumenti per la cottura, e ancora l’Aeternum, marchio di produzione d’acciaio. Nel 2007 l’ingresso in Borsa con una quota del 74% sul mercato delle caffettiere.

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