L’unione fa la forza. Nati da un divorzio. Non v’è peggior lite che tra sangue e sangue. Fratelli coltelli. Quanti detti e simili potremmo affibbiare (o consigliare) al mondo del vino naturale che, se in quest’ultimi vent’anni ci ha regalato bottiglie affascinanti e fortunatamente un nuovo racconto intorno al vino, meno austero e compassato, è riuscito con altrettanta efficacia a mostrare il peggio di sé, a trasformare l’associazionismo in una mescolanza di fazioni. Gruppi spesso riottosi, chiusi, corporativi in quanto tendenti all’esclusione. Troppo litigiosi (ne avevamo parlato anche qui). Il dibattito sollevato da Arianna Occhipinti e Nino Barraco, entrambi intervistati dal Gambero Rosso, dà la cifra di come non c’è dialogo in questa piccola fetta del più ampio comparto del vino. Un peccato. Lo sapevamo da tempo, ma duole comunque constatare (certificare?) tanta miopia.
Entrambi i vignaioli siciliani hanno scelto di lasciare i gruppi “naturali” per partecipare al Vinitaly, la grande fiera internazionale del vino italiano. Per il mondo convenzionale un momento imprescindibile dell’anno solare (anche se qualche defezione si registra), per il segmento dei naturali “il nemico” da criticare ed evitare. E chi questo nemico non lo condanna viene bannato, per sempre. Occhipinti e Barraco hanno detto che loro al Vinitaly vogliono starci, lo trovano utile, che le fiere artigianali sono diventate «troppe» e «dispersive» (sostiene la prima), che più in generale «il mondo dei vini naturali è troppo eterogeneo» (il secondo). Occhipinti ha poi mezzo ritrattato, un po’ goffamente a mio avviso (nessuno si inventa né titoli né interviste, cara Arianna).
In ogni caso, il risultato è che si sono arrabbiati tutti. Più degli altri Angiolino Maule, produttore stimato dell’azienda veneta La Biancara e fondatore di VinNatur, importante associazione di vignaioli nata, guarda un po’, da una scissione, quella con ViniVeri. Nulla di strano, il dibattito fa sempre bene, ma in questo caso la discussione tocca punte tossiche. L’intervista che ha rilasciato sempre alla nostra testata è durissima, a tratti troppo, ne rispettiamo i contenuti, in parte anche condivisibili, ma in un aspetto è manchevole: non c’è mai un po’ di autocritica. Se due importanti produttori come Occhipinti e Barraco decidono di prendere un’altra strada, perché non chiedersi se c’è qualcosa che è andato storto? Sì, può giungere alla conclusione che no, non ci sono colpe, ma un tentativo per capirlo andrebbe fatto.
Occchipinti, ad esempio, tocca un tema importante: le fiere “naturali” sono dispersive. Tante e piccole, chiassose e divertenti, negli scantinati dei centri sociali come negli alberghi, piene di cose imbevibili e molte altre intelligenti, più di sinistra che di destra. Ma forse non sono un po’ troppe? Non è il momento di unirsi anziché dividersi? Ma degli Stati generali sul vino naturale quando li organizzate? Dopo tanti anni passati a sputarsi addosso chi è più naturale dell’altro, con che nome riconoscersi, quante analisi fare per considerarsi “puri”, non è il caso di e capire come diventare grandi? Il veleno che è emerso nelle ultime settimane, tra bacheche Facebook e chiamate dei produttori, è deprimente. Questo è quello che rimane: l’ennesima disputa è la rappresentazione plastica di come un bell’ideale possa essere messo a rischio dalla chiusura di pochi. Il mondo dei vini naturali sembra la sinistra extraparlamentare. E sappiamo la fine che ha fatto.
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