Chi frequenta i vini campani sa che la falanghina, insieme all'aglianico, è probabilmente l'uva che ha più storia alle spalle e sicuramente è tra quelle che di più sono legate alle tradizioni agricole della regione. Ma la sua ampia diffusione in realtà non è così antica; anzi, risale "solamente" agli anni Settanta. Se vogliamo iniziare il nostro racconto partendo dal nome, possiamo dire che questo sembrerebbe provenire direttamente dalle nebbie della storia antica: l'etimo deriverebbe dalla parola latina "falanx", nome che starebbe a indicare il palo tilizzato in quei tempi per fare da sostegno alla vite.
Come abbiamo già avuto modo di scrivere, se è vero che qualche neo lo abbiamo trovato durante le degustazioni dei vini campani per la guida Vini d'Italia 2024 di Gambero Rosso, è pur vero che le luci brillano davvero molto forte nella regione, basti vedere i vini della Campania premiati con i Tre Bicchieri. Alcuni territori sono sempre più alla ribalta: se i Campi Flegrei sono una scommessa già vinta, le prossime fiches vogliamo puntarle sulla mediterraneità solare del Cilento e sulla presa vulcanica del Vesuvio, entrambi distretti che entreranno sotto i riflettori nel prossimo futuro. Il Sannio pure vive un ottimo momento: ci si affida, al solito, alla falanghina per spiccare nel panorama regionale e nazionale. Insieme all'aglianico, è probabilmente l'uva campana più antica e fortemente legata alla tradizione agricola regionale. Eppure la sua ampia diffusione, una sorta di rinascita, è avvenuta intorno agli anni Settanta.
Col passare dei secoli in Campania si sono differenziate geneticamente due tipologie di falanghina; una è quella dei Campi Flegrei, la cui diffusione si deve alla famiglia Martusciello che recuperò alcuni ceppi centenari a piede franco coltivati alle pendici del Lago di Averno.
L'altra è quella del Sannio, molto più diffusa, una varietà che sembrerebbe essere originaria di Bonea e che venne riscoperta da Leonardo Mustilli. Le due varietà si sono adattate nei secoli ai territori in cui sono state ritrovate e tuttora si percepisce chiaramente la differenza anche nel vino: sapidità e sensazioni minerali in quella dei Campi Flegrei; acidità e struttura in quella del Sannio.
Troviamo vigneti di falanghina, però, in molte altre zone della Campania e non solo: negli anni il vitigno ha varcato i confini regionali attestandosi anche in Molise e nel nord della Puglia.
Le migliori Falanghina da Tre Bicchieri e Due Bicchieri Rossi
Qui ci concentriamo sulle Falanghina del Sannio e dei Campi Flegrei che abbiamo premiato con i Tre Bicchieri e i Due Bicchieri Rossi sulla guida Vini d'Italia 2024.
Falanghina Vignasuprema '21 di Aia dei Colombi spicca all'interno della gamma aziendale. Ad accenti di fieno ed erbe di campo, si uniscono refoli di spezie gialle e cedro. In bocca è piena, morbida, dotata di un fragrante sottofondo agrumato, dal sorso trascinante e ben ritmato. La famiglia Pascale ha da sempre a che fare con l'agricoltura. Nel 2002, sulla scia di questa lunga tradizione, decidono di dedicarsi completamente alla vitivinicoltura. Guardia Sanframondi e Castelvenere sono i due comuni su cui insistono gli 11 ettari vitati che ospitano soprattutto aglianico e falanghina. I bianchi vengono valorizzati attraverso l'utilizzo di contenitori in acciaio, mentre per i rossi si predilige la maturazione in legni di piccole dimensioni.
Proprio dalla linea Identitas di Cantina di Solopaca arriva una Falanghina del 2022 che ci è piaciuta tantissimo. Piuttosto tipica nell'afflato erbaceo che ricorda fieno e prato bagnato, si apre verso più calde sensazioni di polpa di limone. In bocca è molto precisa, si ritrova una bella percezione agrumata nel centro bocca che si allunga con precisione e sapore. Una cooperativa tra le più imponenti e rinomate della Campania che può contare su 1100 ettari dislocati su 16 comuni del Sannio di proprietà di 600 viticoltori. La conduzione tecnica è affidata a Vincenzo Mercurio, ideatore della nuova linea Identitas, frutto di un lavoro di zonazione sull'enorme parco viticolo a disposizione. La gamma aziendale, che dà ampio spazio ai vitigni autoctoni, si articola su linee diverse, in cui vini più immediati si affiancano a selezioni più ambiziose.
La Falanghina del Sannio Senete '22 della linea Janare ci è sembrata davvero molto buona. Merito di un profilo aromatico elegante, fine, appena tratteggiato tra sensazioni agrumate e di fresche erbe aromatiche. Una sottile sfumatura di fiori di tiglio anticipa una bocca molto tesa, compatta, succosa e dall'allungo saporito. La Falanghina Anima Lavica '22 mette in campo sensazioni più ricche, una buona speziatura, note di ginestra e un afflato vagamente fumé; in bocca si rivela precisa, sfumata, e di buona tensione. Per raccontare imponenti realtà come quella de La Guardiense non si può far a meno di partire dai numeri. Nata dall'adesione di 33 soci, la cooperativa dal 1960 è cresciuta a livelli sorprendenti. Oggi tiene insieme un migliaio di conferitori che si occupano di un vigneto di 1500 ettari in grado di produrre circa sei milioni di bottiglie annue. Le cinque linee produttive vedono le varietà aglianico e falanghina come i grandi protagonisti di una gamma che riesce a riunire qualità e convenienza.
- Falanghina del Sannio Janare Senete 2022 - La Guardiense - Janare
- Falanghina del Sannio Janare Anima Lavica 2022 - La Guardiense Janare
Mela verde, agrumi, prato compongono il profilo aromatico della Falanghina Svelato '22 di Terre Stregate: buona bocca, polposa e succosa, finale di bella progressione. Filomena e Carlo Iacobucci portano avanti l'azienda creata dal padre Armando nel 1988 nel territorio della provincia di Benevento. Oggi le tenute della famiglia descrivono un triangolo tra i comuni di Castelvenere, Puglianello e la sede principale di Guardia Sanframondi, un'area del Sannio Beneventano particolarmente vocata per la viticoltura. Di anno in anno Terre Stregate ha fatto del suo marchio una garanzia per quanto riguarda la produzione di etichette a base di aglianico, fiano e greco e, soprattutto, falanghina.
La Falanghina del Sannio Taburno V. T. Libero 2019 è una Vendemmia Tardiva molto affascinante: lieve cenno di idrocarburi, vena fumé, erbe aromatiche secche, spezie dolci, un refolo di macchia mediterranea, un profilo aromatico molto sfaccettato che si riverbera in un palato balsamico, profondo, morbido eppure teso. Fontanavecchia ha dato un importante apporto alla storia dell'enologia sannita. Il lavoro iniziato negli anni '90 da Orazio Rillo a Torrecuso è stato consolidato dai figli Libero e Giuseppe che hanno ottenuto un grande successo grazie alla loro attività di valorizzazione incentrato sui principali vitigni campani. I grandi protagonisti sono fiano, greco, aglianico e, ovviamente, falanghina che compongono importanti selezioni come Il Vigna Cataratte, Grave Mora, Facetus e Libero. Ed è proprio quest'ultimo ad averci convinto pienamente.
La Falanghina 2021 di Contrada Salandra si conferma un grande bianco del territorio: erbe officinali si mescolano alle suggestioni minerali su un palato vitale e teso. Possiamo sicuramente annoverare Giuseppe Fortunato tra i più illuminati vignaioli del nostro Paese. Quando parla dei suoi Campi Flegrei, oltre che una profonda conoscenza, traspare soprattutto l'amore per una terra tanto bella quanto fragile. Questa passione la riversa nel suo piccolo vigneto, che cerca di accrescere strappando piccole parcelle all'abbandono, e nella sua produzione, con vini a base di falanghina e piedirosso che provengono dalle vigne sparse tra Coste di Cuma, Monte Sant'Angelo e Monteruscello.
Molto buona la Falanghina '22 de La Sibilla, premiata per il miglior rapporto qualità-prezzo della Campania: buccia di limone, lievemente affumicata, giocata su toni di pietre ed erbe aromatiche, molto sapida in bocca. Bacoli è una località dei Campi Flegrei, zona vulcanica dove nell'antichità veniva collocato l'antro della Sibilla Cumana. Proprio a questo mito si rifà il nome dell'azienda della famiglia Di Meo che può contare su un vigneto di una decina di ettari, tra proprietà e affitti, con vigne a piede franco pettinate dalle brezze del Mar Tirreno che insistono su suoli vulcanici, una millenaria amalgama di ceneri e lapilli. Falanghina e piedirosso si forgiano in questo territorio e i caratteri varietali vengono lasciati liberi di esprimersi grazie al poco interventismo in cantina.
La Falanghina Colle Imperatrice '22 di Astroni è fragrante ed elegante, agile e di grande progressione al palato. La collina degli Astroni, tra Agnano e Pozzuoli, è parte integrante della splendida zona dei Campi Flegrei, dove si coltivano storicamente piedirosso e falanghina. La cantina è tra le maggiori realtà del territorio forte di un patrimonio viticolo che può contare su 13 ettari di proprietà e 12 in affitto. In azienda attualmente ci sono Cristina Varchetta, che si occupa di far conoscere i Campi Flegrei in Italia e nel mondo, e Gerardo Vernazzaro, che trasforma le uve in una gamma sempre più a fuoco.
La Falanghina Vigna Segreta di Mustilli è il consueto bianco di razza: preciso aromaticamente nei tipici tratti erbacei e agrumati, ha un sorso teso e vibrante, dove tornano i tratti vegetali supportati da un'intensa scia acida. Se oggi il Sannio è sulla bocca di tutti il merito è anche dell'ingegner Leonardo Mustilli, che alla fine degli anni '70 imbottigliò per primo una falanghina in purezza, dando l'avvio al grande successo di questo importante bianco campano. Oggi alla guida dell'azienda troviamo le sue figlie, Paola e Anna Chiara, che con il supporto tecnico di Fortunato Sebastiano, propongono anno dopo anno etichette che raccontano il territorio di Sant'Agata dei Goti: protagonista è la falanghina, ma non mancano felici interpretazioni di aglianico e piedirosso.
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