Cedere il portfolio vino? ยซUna mossa saggiaยป, รจ quanto afferma il Financial Times nellโeditoriale di Nathalie Thomas, intervenendo sulla scelta di Pernod Ricard di vendere a un gruppo di investitori, guidato da Bain Capital, i suoi brand del vino in Australia, Nuova Zelanda e Spagna, tra cui Jacobโs Creek e Campo Viejo. La scelta della multinazionale francese conferma il momento poco favorevole per il settore vitivinicolo a livello mondiale.
La produzione mondiale supera i consumi del 7%
Non ci gira intorno il quotidiano economico britannico: ยซIl consumo globale di vino รจ in declino da quando ha raggiunto il picco di circa 25 miliardi di litri nel 2007. I bevitori piรน giovani preferiscono buttare giรน cocktail o superalcolici e altri sono piรน attenti alla saluteยป. Nel pezzo vengono ricordate le previsioni dellโIwsr: ยซIl volume dovrebbe diminuire in media dellโ1% allโanno fino al 2028. E non si prevede alcuna crescita nemmeno derivante dallโaumento dei prezziยป. Se si guarda allโanno scorso non restano dubbi: la produzione globale di vino รจ stata del 7% superiore al consumo.
I cambiamenti di gusti negli Stati Uniti
Dโaltronde basta osservare gli Stati Uniti per rendersi conto di come la musica sia cambiata. In Italia a lanciare lโallarme รจ stata Unione italiana vini, evidenziando come nel primo mercato per consumi, le vendite di vino siano scese dellโ8% nei primi cinque mesi dellโanno (-6% in Italia). Ma soprattutto, come ha evidenziato il Gambero Rosso, non si conosce bene la direzione in cui si sta andando: non vanno piรน nรฉ i vini premium, nรฉ i rossi, nรฉ i bianchi. Nรฉ tantomeno lo Champagne. La parola segreta per avere accesso al mercato statunitense sembra essere Prosecco, o giรน di lรฌ: in realtร sono le bollicine low cost a correre addirittura piรน veloci della Doc del triveneto. Per lโItalia forse lโunica chance (magra consolazione)ย per superare il momento.
I grandi gruppi del beverage rinunciano al vino
Lasciare il settore รจ, quindi, lโunica via? Ovviamente no, soprattutto per chi non entra nel giro solo per affari. Ma sicuramente si va incontro a tempi difficili a livello globale e i tempi in cui le multinazionali facevano a gara per entrare nel settore sono ormai lontani. Nel caso specifico di Pernod Ricard, come ricorda il Financial Times, lโaddio al vino era giร nellโaria: ยซUscire dal vino a basso margine รจ sempre stata probabilmente una questione di quando, e non se, per Pernod โ si legge nel pezzo - le cui attivitร principali ruotano attorno a liquori come il whisky Chivas Regal e la vodka Absolutยป. E poi a dare la spinta finale รจ stata la guerra commerciale della Cina verso lโAustralia che nellโultimo triennio ha imposto dazi proibitivi sui vini aussie. Fa, perรฒ riflettere che nel giro di dieci giorni, non solo Pernod Ricard, ma anche il colosso americano Constellation Brands abbia preso le distanze dal vino (annunciando di essere pronto a rinunciare ai brand vino, dopo aver visto gli ultimi bilanci tenuti a galla dalla birra). Nel 2015 anche Diageo, il principale competitor di Pernod Ricard, si era tirato indietro, vendendo il proprio comparto vino al colosso australiano Treasury Wine Estates. Come a dire, il vino non รจ piรน un investimento sicuro. Almeno no per i grandi gruppi del beverage.