"Al Sud nessuno conosceva le crepes". Vicino Bari c'è un piccolo locale che da trent'anni rivoluziona il piatto francese

6 Mag 2024, 07:18 | a cura di
Chef Savino, classe 1960, è il fondatore della creperia Savì a Conversano (Bari). Un locale che il prossimo anno compie trent’anni, sempre sulla cresta dell’onda, dove la crepe è protagonista di ogni piatto ma anche il risultato di tanta sperimentazione

Che avrebbe preparato crepes per il resto della sua vita, lo ha intuito il giorno degli esami della maturità dell’istituto alberghiero. Al sorteggio in cui si decidevano quali piatti gli alunni avrebbero dovuto preparare, a Nicola Savino toccò proprio la crepe. Un segno del destino. Ma quello che ha fatto nella sua carriera da chef è molto di più.

Al Savì la crepe francese diventa 100% italiana

Chef Savino, classe 1960, è il fondatore della creperia Savì a Conversano (Bari). Un locale che il prossimo anno compie trent’anni, sempre sulla cresta dell’onda, dove la crepe è protagonista di ogni piatto ma anche il risultato di tanta sperimentazione.

L’incontro con il piatto francese avviene a Montecarlo negli anni Ottanta, dove Savino lavora per diversi anni prima di partire per il servizio militare. Al rientro, alcuni amici del titolare del ristorante gli chiedono se volesse aiutarli per una nuova apertura, ma dall’altra parte dell’oceano. Lui accetta e parte. «Nel 1980 è iniziata la mia avventura a Dallas, in Texas. Qui aprì un ristorante italiano di grande successo. Nel tempo però mi accorsi, giorno dopo giorno, che mi mancava casa mia, i sapori autentici, quelle cose semplici a cui fai caso solo quando non le hai più. Gli americani pagavano bene ma non sapevano mangiare e vedere alcune loro abitudini come bere il cappuccino a pranzo mi infastidiva. Mi sembrava di sminuire il mio lavoro, la mia passione per la cucina. Così, insieme a mia moglie decidemmo di tornare in Italia. L’idea era quella di fermarci per un breve periodo, ma poi non siamo più andati via».

Al Sud la crepe era sconosciuta

Al rientro dagli Stati Uniti, infatti, chef Savino torna a Conversano e lavora per diversi anni in una pasticceria che pian piano trasforma in creperia. «Nessuno conosceva questo piatto famosissimo della cucina francese. Almeno non da noi. All’inizio per l’assonanza del nome in dialetto pugliese, le persone pensavano che producessi prodotti a base di latte di capra. Se ci penso… mi fa ancora sorridere. La mia intuizione, però, è stata quella di adattare la crepe ai gusti e agli ingredienti locali. Così eliminai elementi quali la besciamella e utilizzai la mozzarella pugliese, i salumi, i vegetali».

Il successo è immediato, tanto che nel 1995 Savino decide di aprire il suo locale e nasce il Savì. Qui, ancora oggi, si possono gustare quasi esclusivamente crepe. Nella zona è diventato sin dal primo giorno un luogo di ritrovo in cui sentirsi a casa: «Non volevo impegnarmi in una ristorazione complicata. L’idea era quella di un locale semplice ma dalla qualità alta. Un luogo in cui poter trovare un’alternativa valida alla pizza che andasse incontro anche ai palati più scettici. Un prodotto così versatile, facile e veloce da preparare come la crepe, mi ha permesso di farlo».

Nessun compromesso su qualità delle materie prime e attenzione ai dettagli. «Vado ancora personalmente al mercato a fare la spesa. È la parte più bella di questo lavoro: sentire i profumi, cercare gli ingredienti migliori, conoscere i piccoli produttori. Lo speck che utilizziamo, ad esempio, lo acquisto da oltre vent’anni da una macelleria artigianale delle Dolomiti. La nostra è una ricerca continua dei prodotti migliori». Il successo del Savì è frutto della collaborazione di tante persone, oltre che dei quattro figli dello chef: Ivan, Daniele, Marco e Rosi, presenti con ruoli diversi. In un momento in cui i ristoratori fanno fatica a trovare personale, Savino può vantare collaboratori che sono con lui da oltre venticinque anni: «La nostra è una grande famiglia, in cui tutti danno il proprio contributo».

Dalla Carbo Crepe alla Gyoza

Nel tempo, però, il Savì ha iniziato a proporre tante novità sia nelle ricette che nelle tecniche di cottura. In particolare, con l’arrivo di Daniele, figlio dello chef, oltre ai grandi classici sono nati anche abbinamenti di sapori unici.
«Il processo – spiega Daniele Savino – è stato graduale. Sono partito da un mio desiderio: volevo cambiare la solita presentazione della crepe chiusa a fazzoletto o a triangolo. Così abbiamo iniziato a mostrare gli ingredienti che erano all’interno, anche all’esterno delle crepe (dagli affettati alla burratina, dalle tartare ai condimenti dolci). Questo processo ha dato il via a tutto».

Crepe San Giuannid

Sono nate così crepes ispirate ai primi piatti della tradizione italiana e pugliese, come la San Giuannid con all'interno mozzarella fior di latte e pomodori ciliegini infornati piccanti, all'esterno alici di Menaica, stracciatella, capperi, polvere di olive, salsa all'aglio nero, origano e olio extra vergine d'oliva coratina, zest di limone. O la Carbo Crepe, fatta con mozzarella, carbocream, guanciale artigianale croccante, pepe.


Le crepe hanno assunto nuove forme, colori (al nero di seppia, agli spinaci o con farine particolari quali quella di canapa) e consistenze. È nata la Spacca Napoli, una crepe fritta che ricorda la frittata di pasta napoletana, o la Gyoza che ha l’aspetto dei roll giapponesi, si mangia con le bacchette e si intinge nella salsa di soia. Ma si è anche “trasformata” in pizza: la This is not a Pepperoni Pizza, con mozzarella, sugo di pomodoro datterino, salame piccante e provola affumicata ricorda la pizza americana, nel sapore e nell’aspetto.

Senza dimenticare le crepes dolci, veri e propri dessert.

«Negli anni ho capito che questo è un piatto in continua metamorfosi. Quello che conta, però, è partire dagli ingredienti e dalle preparazioni e rendere tutto il più artigianale possibile».

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