"Non mi piace la parola gourmet, il mio ristorante è accessibile a tutti". Lo chef allievo di Cedroni apre Rotta a Giulianova

3 Mag 2024, 15:22 | a cura di
Una carta "libera" senza antipasti, primi e secondi, una cantina di vignaioli artigiani e una sperimentazione "inclusiva". Ecco il nuovo Rotta di Gianluca Durillo

Si chiama Rotta perché punto di rottura e direzione allo stesso tempo. «Non mi piace la parola gourmet, ma in zona sarà inevitabilmente visto come ristorante “gastronomico”. Io però voglio soprattutto che sia “accessibile”, per tutti». È così che Gianluca Durillo, giuliese doc, spiega il nome che ha scelto per il primo ristorante tutto suo. Rotta apre le porte al pubblico il 25 aprile e si trova all’interno di un albergo, l’hotel 900 di Giulianova, Teramo, ma ha vita e ingresso indipendenti. Un progetto messo a punto nel giro di un paio di mesi ma che la rotta da seguire ce l’ha già ben chiara.

Il nuovo ristorante Rotta di Giulianova

Brigata piccola e affiatata, capitanata da Durillo, cuoco («non mi piace neanche la definizione di chef») poco più che trentenne affiancato da due amici e colleghi, Roberto Di Crescenzio e Giorgio Scrocchia, rispettivamente ai fuochi e in sala e in cantina. La location è un 4 stelle di Giulianova Lido, un villino Liberty del 1926 rimesso a nuovo nel 2012 dai proprietari. Siamo a 40 chilometri a nord di Pescara e a un passo dal lungomare e dal centro della cittadina teramana che d’estate è meta prediletta da famiglie in cerca di tranquillità, strutture attrezzate, spiagge “facili” e acqua pulita. La sala, con una capienza di circa 50 coperti «ma in stagione arriveremo a 40, non di più» è arricchita di una veranda e di uno spazio all’aperto.

Non è la prima volta che l’Hotel 900 scommette sul fine dining. Fino al 2018 il ristorante interno si chiamava Bistrot 900 ed era guidato da un altro protagonista della Nouvelle Vague gastronomica locale, Enzo Di Pasquale, da cinque anni a questa parte al timone di Aprudia, nella parte alta di Giulianova, una piccola realtà “d’avanguardia” che insieme a Bistrot 24 e a D.one Ristorante Diffuso (frazione Montepagano) a Roseto degli Abruzzi, al già noto e corazzato (Massimiliano Capretta è in pista dalla fine del secolo scorso con la sua “bio cucina mediterranea) Arca di Alba Adriatica e al più recente MOM Cucina vegetale creativa a Fano Adriano, è una delle più coraggiose e aperte opere di emancipazione della ristorazione teramana, ancora molto legata alla tradizione e, relativamente alla costa, allo standard turistico.

Chi è Gianluca Durillo

Gianluca è stato anche con Di Pasquale da Aprudia nel corso della sua formazione, che si è delineata su poche esperienze, ma tutte con un certo peso specifico. Dopo gli studi sempre qui a Giulianova, va a Roma da Marco Martini, a Stazione di Posta a Testaccio prima, e al Marco Martini Restaurant di viale Aventino (da poco arricchito da Mantis). Torna quindi sull’Adriatico e arriva a Senigallia, nel posto che più di tutti ha segnato il suo cursus honorum, La Madonnina del Pescatore. «Da Moreno Cedroni avevo ogni giorno la pelle d’oca, è stata un’esperienza incredibile, la più significativa della mia vita. Tuttora ho un rapporto fantastico sia con lui che con Mariella. Nei tre mesi di chiusura della Madonnina ho poi avuto l’occasione di fare uno stage all’Osteria Francescana grazie a Davide Di Fabio, mio conterraneo (nato a Rho ma vissuto a Bellante, oggi chef di Dalla Gioconda a Gabicce Monte ma per 16 anni, fino al 2021, a fianco di Massimo Bottura, ndr). Una parentesi brevissima, durata appena un mese e mezzo, dove però ho toccato con mano lo spessore della squadra, l’apertura mentale e umana, una capacità unica di far integrare nel sistema chiunque in pochissimo tempo. Dopo un paio di giorni mi sembrava di essere lì da anni» racconta Durillo.

Nel mentre - siamo nel 2019 e lui, allora 26enne, a Senigallia ricopre il ruolo di capopartita ai secondi - arriva il premio come Miglior Chef Emergente d’Italia nella consueta competizione organizzata da Luigi Cremona e Lorenza Vitali, riconoscimento conferito all'unico tra i partecipanti a non essere ancora né chef né sous chef. L’ultimo - in ordine cronologico - triennio professionalmente importante lo trascorre a Bagno di Romagna da Gianluca Gorini, per poi tornare a casa con l’idea di cominciare a camminare da solo. Il momento giusto arriva a metà marzo con la telefonata di Fabio Mangione, titolare dell'hotel 900.

Cosa si mangia da Rotta a Giulianova

«Abbiamo preparato tutto in poco tempo e aspetteremo il clou della stagione per entrare a pieno regime, stiamo ancora mettendo a punto qualche ricetta ma i piani sono definiti». Gianluca ha scelto una carta “libera”, senza la suddivisione canonica tra antipasti, primi e secondi «così se vuoi prendere anche solo due antipasti puoi farlo», spiega. In tutto sono 12 piatti, equamente suddivisi fra vegetale, carne e pesce cotti sui carboni e con le paste in prima linea. Ci sono anche due degustazioni, Terraferma, menu cosiddetto “d'ingresso” per approcciare lo stile di cucina, e il “fai tu” Orizzonte, viaggio alla cieca dove ci si affida completamente allo chef. «La cucina di Rotta è ovviamente frutto del mio vissuto, e certo un po’ di rottura rispetto a quello che c’è sul territorio lo sarà. Ma allo stesso tempo voglio che sia comprensibile da tutti, non catalogabile come gourmet nel suo senso più esclusivo».

Non mancherà il battuto di pecora, genziana, cicoria e brodetto, il piatto della vittoria del 2019 e quello che Gianluca sente come più rappresentativo del suo passato: «Ci sono dentro le origini abruzzesi, la componente amara cara a Gorini, la cicoria che ho imparato ad apprezzare a Roma, il brodetto come omaggio a Moreno Cedroni». Tra i primi di pasta fresca, cita il tortello di pollo alla brace con parmigiano, Vermouth e salvia «molto d'impatto e con una farcia importante», ma sul vegetale si lavorerà in modo altrettanto interessante: «Lo spaghetto mantecato con burro alle patate arrosto, cotto in brodo alle patate arrosto su crema di cipollotto con spezie e liquirizia e completato con una grattata di caciofiore aquilano nasce da un ragionamento sul cipollotto e sulle patate, i due cardini della ricetta. È inoltre una creazione cromaticamente “fuori stagione”, non convenzionale perché tutta giocata sui toni del marrone». Quanto al finale, non c’è un pastry chef, i dessert li crea e li assembla Durillo. «La tendenza sarà del dolce “poco dolce”, vedi il caprino mantecato con albicocche prima asciugate poi reidratate con gelato alle arachidi e salsa di albicocche ricavate dalla buccia». La cantina infine è a vista, con una selezione che punta ai piccoli vignaioli artigiani d’Italia e ovviamente d’Abruzzo. Insomma tutto è quasi pronto per issare le vele e partire alla volta di questa nuova promettente avventura.

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