È morto Cesare Giaccone, il cuoco di Langa che ha conquistato Robert De Niro

6 Mag 2024, 11:39 | a cura di
Si era ritirato da tempo per dedicarsi alla pittura, altra sua grande passione dopo la cucina. Il figlio Filippo porta avanti la tradizione paterna nel ristorante Filippo Oste in Albaretto

Ha portato la cucina di Langa a Hollywood, o meglio, ha portato Hollywood in Langa. Cesare Giaccone è stato e rimarrà sempre un simbolo della ristorazione piemontese, amato trasversalmente da clienti diventati amici nel corso della sua attività lunga quasi mezzo secolo e da personaggi del mondo della letteratura, dello spettacolo, del cinema. Col suo temperamento fiero e schietto, tal quale i suoi piatti icona, ha esportato e promosso come nessuno prima di lui la tradizione langarola ben al di fuori dei confini regionali. Dopo una lunga malattia si è spento ieri nella sua Albaretto, dove negli ultimi tempi si era dedicato all'altra sua grande passione, la pittura. Senza mai abbandonare i fornelli, cui si dedicava per gli amici che lo venivano a trovare.

È morto Cesare Giaccone

Giaccone nasce il 22 novembre 1946 a Lequio Berria, quando Albaretto Torre non era ancora stato costituito comune. Il padre gestiva la "Locanda dei cacciatori", ma lui ci mise un po' a capire che la sua strada sarebbe stata la stessa. Comincia infatti a lavorare come manovale e garzone, finché un giorno non si ritrovò per caso a preparare un boccone per il suo datore di lavoro. Che ne intercetta il talento e lo spinge a cambiare mestiere.

Il capretto arrosto amato da Robert De Niro

Da lì in poi, autodidatta, fa un po' di esperienza in Val d'Aosta e a Torino per poi tornare a casa e aprire Cesare ad Albaretto della Torre, che diventa rapidamente un punto di riferimento in zona dove si danno appuntamento grandi nomi del vino ma anche del jet set, italiano e internazionale, da Gino Paoli a Giorgio Bocca, fino, appunto a Robert De Niro. Al quale, leggenda vuole, toccò aspettare tutte e sei le ore di cottura necessarie alla preparazione del mitico capretto arrosto. Era arrivato troppo presto, e Cesare pare abbia esclamato «Lui sarà Robert De Niro, ma il capretto non cuoce da solo».

Il Robin Hood di Langa

Ai suoi tavoli si faceva a gara a chi spendeva di più. E Cesare si adeguò, ma non per portare acqua al suo mulino. Oscillando fra conti stellari e prezzi popolari, questi ultimi per gli amici, la sua missione consisteva in «una forma di rivincita a nome della Langa e della gente umile di lassù nei confronti della Langa grassa del vino e dell’arroganza dell’arricchito» come ha scritto di lui Luciano Bertello, ex presidente dell'Enoteca regionale del Roero, da sempre appassionato studioso, promotore delle tradizioni di Langa e Roero e scrittore (il suo ultimo libro, edito da San Paolo nel 2023, si chiama "Osterie della tradizione. Tra Langhe, Roero, Monferrato e Tortonese").

Le "fughe" in Lombardia e a Serralunga

Nel 1976 trasloca in provincia di Pavia, dove Frate Eligio, al secolo don Angelo Gelmini, aveva ottenuto il comodato d'uso del Castello di Cozzo di Lomellina, che diventerà una comunità per tossicodipendenti. Giaccone diventò chef del ristorante della struttura, usato anche per cerimonie e banchetti, ma cinque anni dopo tornò a casa e contestualmente iniziò a dar voce alla sua passione per la pittura. Nel 2008 l’ennesima svolta con il trasferimento a Serralunga d'Alba nella tenuta di Fontanafredda, a Villa Contessa Rosa, dove in una strepitosa cucina a vista Molteni creava giornalmente un menu fisso in base a estro e mercato. Poi di nuovo il ritorno a casa, come raccontavamo nell'edizione 2013 della guida Ristoranti d'Italia:

«La formula è semplice, i prezzi coerenti, qualità impronta e stile cui Cesare ci ha da sempre abituati. Non è così semplice raggiungerlo, un po' perché Albaretto è già parte della magnifica alta Langa un tantino defilata dai percorsi più noti, un po' perché il servizio è solo a pranzo e solo da lunedì a giovedì (salvo su prenotazione per gruppi). Una volta arrivati ammirerete panorami di grande fascino e potrete visitare i templi del Barolo assai poco distanti. Ora Cesare si trova in una bella villetta, veramente casa e "bùtega". Lì ci sono la sua sala e la sua veranda dove accoglie e serve affabilmente gli ospiti, lo studio dove dipinge, la cantina a vista con buona selezione e bella ricerca sulle aziende minori, l'attrezzata cucina dove nascono i suoi famosi piatti e il camino.

Qui Cesare impiega tutta la sua sapienza per la cottura di un insuperabile capretto, ma che dire del filetto frollato alla perfezione, cotto nel pane quanto serve, gustoso e tenerissimo, del risotto di Langa al pomodoro che sa di cucina della nonna e della saporita minestra di fagioli e funghi con tagliatelle? Noi abbiamo assaggiato anche il galletto ficato di primo canto con aceto di moscato, l'insalatina di coniglio su salsa di frutta, il merluzzo fritto e il leggendario porcini e pesche, un riassunto di freschezza, colore e sapore. A concludere un bonet da manuale e gli ultimi sorsi di vino che, salvo etichette importanti, è compreso nei 65 euro del menu fisso ma non vincolante per tutto il tavolo composto da appetizer, tre antipasti, due primi e due secondi a scelta e il dolce».

La pensione e il ricordo di Alberto Cirio

All'alba del mezzo secolo di carriera ha deciso di ritirarsi, ma il figlio Filippo, che lo ha sempre accompagnato occupandosi della sala, non ha lasciato che la strada tracciata dal padre si interrompesse e ha continuato nel mestiere. Lo fa dal 2018 in un locale a quattrocento metri dall'altro, nella casa della nonna ristrutturata con garbo e rispetto e trasformata in osteria dove propone i classici langaroli secondo le ricette paterne più ovvi omaggi al capostipite, vedi il coniglio allo spiedo.

I ricordi di chi lo conosciuto e frequentato "Cesar ël Sarvanòt" ("il folletto", nel dialetto della Valmaira) non si contano. Anche il governatore della regione Piemonte gli ha dedicato un pensiero postato sui social: «A lui che è stato il primo in Piemonte e uno dei primi in Italia a credere nell’eccellenza della nostra ristorazione tradizionale, nel rispetto dei prodotti agricoli, della natura, delle stagioni. Da Cesare mangiavi quello che diceva lui, perché solo lui sapeva dirti ciò che era il meglio in quel determinato giorno. E da Cesare prenotavano da un anno all’altro per trovare un posto, da tutte le parti prima d’Europa e poi del mondo».

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