Alessandra Marino pur non lavorando in cucina ha dato vita ad alcuni dei più bei progetti del mondo della ristorazione. Fa l'architetto, ma il suo lavoro non si limita alla progettazione degli spazi architettonici e degli interni. Il suo ruolo è ben più ampio. È stata la creatrice, insieme all'allora marito e compagno di lavoro Alessandro Tudini, di 'Gusto. Era il 1998. E un progetto come quello a Roma, ma si potrebbe dire in Italia, non si era mai visto. Neanche immaginato. Luogo polifunzionale che declinava in vari modi il cibo, nella sua accezione più democratica. La pizzeria aveva una lista d'attesa che ogni sera vedeva in fila decine di persone sotto i portici della piazza. Il ristorante portava una cucina curata e moderna alla portata di tutti, poi c'era il wine bar, e quel gioiellino della libreria-negozio che metteva insieme volumi di ricette con complementi per la cucina e per la tavola. Era diventato un luogo in cui essere. Con tanto di vip e persino Bill Clinton a suonare il sax. Poi sono nate, nell'ordine, l'Osteria della Frezza e il locale sull'altro lato di piazza Augusto Imperatore, Al 28, che dopo alcuni cambi di nome è oggi Caffè, Forno e Rotisserie.
Come si fa a portare avanti progetti come questo?
Ci vuole molta convinzione e la forza per mettersi contro tutti: in pochi ti dicono che hai ragione prima che le cose vadano bene. 'Gusto è stato un azzardo, ci dicevano che non saremmo riusciti a superare i sei mesi perché Roma non avrebbe mai accettato un posto così grande, si temeva non ci potesse essere un rapporto personale tra i direttori del locale e la gente. Da parte nostra volevamo stare dentro una fascia di costo accessibile, l'idea era di avvicinare tutti al buono. Cosa che ovviamente riduceva i margini. Pensavamo che ci sarebbero voluti anni per andare a regine e invece no, il locale andava. La difficoltà era riuscire a mantenere tutto in piedi, ci siamo riusciti grazie ai grandi numeri. Che i tempi fossero maturi o no, nel 1998, poco importa: lo sarebbero stati a breve.
Quanto ha contato viaggiare per pensare un posto così?
In realtà ho girato molto poco: ho lavorato come una pazza tutta la vita, sin da quando studiavo. Non vengo da una famiglia di imprenditori, ma ho iniziato a fare l'imprenditrice da ragazzina e non potevo certo viaggiare e mollare i locali.
Quali locali hai avuto prima di 'Gusto?
Ho iniziato con una caffetteria a via Giolitti. L'ho presa che faceva un chilo di caffè al giorno ed è arrivata a 18 chili in pochissimo tempo. Era un posto folle per l'epoca, ora lo sto risistemando, si chiamerà Petrolini. Quando ho aperto 'Gusto avevo due locali. La pizzeria La Gallina Bianca è stata un successo incredibile, allora andavano le fantasie di Laura Ashley e le tovaglie a quadretti. A livello imprenditoriale è stata un'operazione molto intelligente, e probabilmente migliore di 'Gusto.
Perché, com'era 'Gusto?
Faticosissimo. Non era un'impresa pensata per fare soldi: era il locale che avrei voluto fare come progettista e nessuno mi avrebbe lasciato fare. Quindi l'ho fatto come imprenditrice. Ma il lavoro era enorme: ho sostituito praticamente ogni persona che mancava, da cuoco al facchino. Normalmente fatico a lasciare, fino a che non sono più che sicura che tutto sia a posto. E con 'Gusto era ancora peggio: volevo sempre fare di più. L'apertura della Frezza è stato un momento di grande felicità, abbiamo potuto investire qualcosina di più perché ci sentivamo forti.
Stupidaggini?
Di sicuro ne ho fatte, per esempio avevo proposte per replicare 'Gusto da tutte le parti del mondo ma volevo fare di più qui. Al 28 l'ho dovuto lasciare in mano a una persona per motivi familiari: quello è stato l'unico vero passo falso.
Ora cosa succede?
'Gusto è lì. Come sempre. È un posto che lavora tanto ed è sempre preso a esempio. Oggi Il marchio è mio, mentre la licenza e la gestione è di Alessandro Tudini. Io sto seguendo la Rotisserie, ci sono un po' di problemi con l'Osteria, ho qualche perplessità sulla gestione.
E le voci dello sfratto? Si parla dell'arrivo di un albergo extralusso nell'edificio Inps di largo Augusto Imperatore che ospita anche 'Gusto
Le voci sono di proposte fatte da una cordata che include diversi attori. Ma quel che si è dato per certo è soltanto un'ipotesi che, tra l'altro, gira da parecchio tempo. Per quanto riguarda lo sfratto, stiamo reclamando il rispetto del diritto di prelazione, e già è stata accolta una nostra opposizione un anno fa. Si tratta di capire come poi si realizzerà, ma l'obiettivo è di trovare un confronto collaborativo con la società che gestisce il patrimonio immobiliare dell'inps, Investire immobiliare.
Nasce come architetto: come si cambia la faccia a un locale? Lo ha appena fatto con Frizzo, oggi Camillo B. a piazza Cavour
Frizzo era un progetto sbagliato da molti punti di vista: atmosfera, immagine, proposta enogastronomica, perfino il modo in cui accoglieva i clienti. Come progettista credo che non basti disegnare gli interni. Bisogna occuparsi di tutto. Faccio un esempio: a New York ogni persona che varca la soglia di un locale è conosciuta e riconosciuta da chiunque lavori nel locale; da noi il personale non è così preparato, ed è difficile spiegare come ci si deve muovere, per aggiungere qualità.
Come ha affrontato il progetto?
Non potendolo chiudere e radere al suolo, abbiamo dovuto giocare d'astuzia. Abbiamo fatto molti interventi in tantissime cose. Banchi, luci colori, fino a reinventare la formula la cucina, che ora è in mano a Tommaso Coco. Ma l'abbiamo fatto in modo silenzioso, lavorando di notte e cambiando poco a poco, in modo da non interferire col regolare svolgimento dell'attività. Non è un posto facile: i locali hanno affitti altissimi, c'è un break event incredibile, tanto personale. Abbiamo chiuso solo per 4 giorni per 300 metri quadrati. E gli abbiamo dato un'anima.
In che modo?
Il progettista deve sparire un po' quando fa i progetti altrimenti si fanno locali troppo asettici. In un mondo che vive di immagine, l'immagine è importante, ma bisogna metterci qualcosa di più: un motivo per essere in un posto se ce ne sono tanti, magari anche più fichi. Io vado per immagini, sono partita da un progetto sbagliato e ho dovuto rifarlo senza smontare tutto. A volte basta la fantasia, un'idea, il gusto. Ma anche quando lavoro per altri committenti, in questo caso Alessandro Tudini, sono nell'azienda per mesi prima di tirarmene fuori, anche solo con un dito.
L'area di 'Gusto continua ad attirarla. C'è in ballo un grande progetto ora
Dopo 15 anni di attività in continuo work in progress mi sono guardata intorno e ho visto via della Frezza in un altro modo. Mi sono chiesta come fosse possibile che una strada così bella e centrale fosse praticamente chiusa. Oggi molte attività non ci sono più, come la galleria Il Gabbiano. E allora ho iniziato a pensarci. Lì avevo uno studio, molto pubblicato sulle riviste di settore. E un appartamento dove abitavo. Poi in un periodo della mia vita in cui mi occupavo di pubbliche relazioni, usavo questo spazio per piccoli eventi molto low profile. Ho continuato a tenerlo pur sapendo che lo avrei trasformato. Per quest'area ho sempre fatto molto. Dagli interventi di arredo urbano, come i grandi vasi che all'epoca erano costosissimi, ai progetti per ristrutturare la strada, mai andati in porto.
Ormai il nome non è più un segreto, si chiama Fòndaco. Come mai?
Con Fondaco si indicavano gli edifici che fungevano da magazzino vicino ai porti. E anche se Roma non è una città portuale, questo è lo spirito di questo progetto: una grande area che racchiuda merci di tutto il mondo.
Chi sono le persone coinvolte?
Ci sono tante persone, un meraviglioso tavolo di lavoro di persone, tutte donne, che non ha mai fatto commercio in senso stretto. È una formazione eterogenea, siamo mercanti nomadi alla ricerca delle cose più belle e raffinate, che abbiano una storia e siano in armonia con l'ambiente. C'è una galleria d'arte e di design con curatori molto importanti. E oggetti dei maestri de XX secolo, grandi pezzi ed edizioni limitate, gioielli d'artista, libri, musica. Poi profumi, cartoleria, moda, tessuti, una Spa, perfino barbiere, fruttivendolo,salsamenteria e pescivendolo.
Perché tanti problemi?
Intanto non è un progetto semplice. Si tratta, in buona sostanza, di prendere un'intera strada e trasformala in una sintesi di quanto c'è di buono e di bello c'è in circolazione. Di qualsiasi genere. Una selezione raffinatissima dei migliori prodotti e dei migliori artigiani. Tutti insieme in una stessa strada e in un progetto unitario e coordinato. È un'operazione molto delicata e complessa, fatta anche di occasioni e di situazioni favorevoli. Vorrei poter aprire tutto contemporaneamente. Ma ci vuole tempo e disponibilità.
Ma ci sono dei sigilli. È preoccupata?
È stato disposto il sigillo, ma è una misura ancora non convalidata dal magistrato, che ha chiesto di acquisire documenti per portare a termine la perizia. In ogni caso si tratta della contestazione dell'apertura di una porta comunicante tra due locali, parliamo di 50 metri quadrati su 1300, che si svilupano su 120 metri di strada. Dal nostro punto di vista risponde perfettamente alle normative e ai vincoli, che nel caso specifico, sono solo del prospetto interno. Ho lavorato con storici dell'arte, urbanisti e ingegneri, so che sono nella piena legalità. La preoccupazione c'è, ovviamente, er il fatto che non ho alle spalle un gruppo imprenditoriale, ma sto investendo tutto in questo progetto e un rallentamento di un mese provoca un danno economico che rischia di compromettere tutta l'operazione, basta pensare agli affitti e alle altre spese che continuo a pagare.
Lei sembra abituata alle imprese impossibili. C'è dell'altro?
Credo si possa essere ingenerato il timore, infondato, che via della Frezza si possa trasformare in una strada di locali e attività di intrattenimento, con conseguente rumore fino a tarda serata. Un po' come è stato per 'Gusto.
E non è così?
No, nel modo più assoluto.
Non c'è in programma un progetto ristorativo in via della Frezza?
No. o meglio non solo. Esiste ma in misura molto minore rispetto ad altre attività. Poi ci sono locali con attività di somministrazione: sale da tè, cioccolateria, speakeasy, ristorante. Ma non sono che una parte, basta vedere il sito.
E cosa accade esattamente a via della Frezza?
Se riusciamo a superare questa empasse via della Frezza si trasformerà in un luogo magico. È un progetto bellissimo e assolutamente innovativo per Roma.
E non solo per Roma aggiungiamo noi. Perché se una parentela si vuole trovare bisogna andarla a cercare e Parigi, in Jeune Rue (leggi qui) dove però il progetto – che è quello di un distretto gastronomico – non sembra ancora dare i frutti sperati.
a cura di Antonella De Santis