Finalmente ha venduto il ristorante, ci รจ voluto un po', ma ora รจ fatta: l'ultimo servizio di Rino sarร il 22 marzo. E poi? Poi inizia la ricerca di un nuovo locale. โNon ho avuto ancora tempo perchรฉ mi sto dedicando ancora a Rinoโ dice โma conto di riaprire entro il 2014, al massimo all'inizio del 2015, anche perchรฉ acquistare รจ piรน semplice che vendereโ. Lui, Giovanni Passerini, romano trasferitosi a Parigi, รจ uno dei nomi di punta della bistronomia: grande cucina, menu fissi, spazi minimi e prezzi piรน che democratici. Ma questo lo sappiamo giร . Quel che notiamo in questi giorni รจ invece un'inversione di rotta. Ci ha pensato Petter Nilson con il suo ritorno a Stoccolma a dare uno scossone, e poi i prezzi ritoccati verso l'alto di qualcun altro che cosรฌ รจ uscito dalla formula neobistrot, o le cave di altri ancora che contribuiscono a cambiare le carte in tavola. E ora lui, che annuncia nuovi progetti. Che vanno in un'altra direzione.
Come mai questo cambio?
ร arrivato il momento di cambiare. Pur continuando in un percorso logico, coerente, ma credo sia il momento di reinventare la trattoria e tornare alla carta. Con il mio stile, ovviamente.
Niente piรน menu fisso? Un passo indietro dunque?
In un certo senso, si. La ristorazione deve saper fare anche i giusti passi indietro. Si tratta di diversificare l'offerta: oggi a Parigi se vuoi fare una cena alla carta o mangiare un piatto, magari dopo un cinema, non ci riesci mica. O trovi una cucina antiquata e spesso di poca qualitร , oppure sei obbligato a beccarti il menu. Che va bene se sei un turista, o se vuoi fare l'esperienza, ma a volte uno ha voglia di un piatto o due senza fare tutto il percorso. Ecco: secondo me questo รจ quel che manca. Insomma: a Parigi i ristoranti come una volta stanno sparendo.
ร la fine della bistronomia?
No, macchรฉ: la bistronomia continua a spaccare! Ma siamo diventati tanti, forse troppi, รจ l'offerta รจ ormai abbastanza uniforme. Tra l'altro molti di noi hanno maestri simili, siamo tutti ex di qualcuno e spesso ex degli stessi. C'รจ, per esempio, il filone franco giapponese in cui si trovano molti punti in comune tra una cucina e l'altra. Non che sia ripetitiva, anzi. E poi รจ una cucina con grande rapporto qualitร -prezzo, ma l'offerta potrebbe essere piรน varia.
Perchรฉ in Italia la bistronomia non ha mai funzionato?
Le differenze fondamentali sono due: innanzitutto รจ un modo di mangiare che non ci appartiene, qui i bistrot fioriscono perchรฉ mangiare con menu fisso รจ normale, esattamente come per noi รจ normale pranzare con la pizza a taglio, mentre a Parigi a nessuno verrebbe in mente di mangiarla per pranzo, anche se piace moltissimo.
Questo รจ un motivo. E l'altro?
In Italia mancano ristoranti-scuola. A parte Marchesi non mi viene in mente uno che abbia formato degli chef come accade qui. In questi bistrot gastronomici ci lavora gente con grande pedigree, con 10 anni di apprendistato in ristoranti straordinari, persone che potevano essere sous chef e chef de partie di un 3 stelle, con una tecnica pazzesca, magari non infallibile, anche perchรฉ la situazione e gli spazi mettono in conto qualche errore. Se ci pensi praticamente la metร di chi sta nei bistrot arriva da Passard, da Barbot, o da Petter Nilsson. Addirittura i bistrot sono essi stessi fonte di ispirazione per i grandissimi. In Italia รจ difficile anche trovare personale adatto, qui รจ un via vai di cuochi con un'esperienza pazzesca, รจ come girare un film a Los Angeles...
Quindi il problema รจ anche la formazione?
In Italia manca conoscenza, competenza, tecnica per fare un bistrot gastronomico, che โ diciamoci la veritร - รจ un casino. Spazi minuscoli, attrezzature ridotte, รจ vero che c'รจ poco personale da gestire, ma gli spazi sono davvero minimi. ร un grande sforzo, ci vuole gente capace. Se non avessi fatto l'esperienza da Nilsson a la Gazzetta non sarei mai stato in grado di avere Rino. Anche se l'ultimo passaggio a Roma, da Uno e Bino, andava bene, mi mancavano ancora tantissime basi che ha assimilato nei tre anni a Parigi. Forse sono valsi di piรน quei tre anni che il resto.
Che fine fanno gli รฉnfant prodige della bistronomia quando crescono?
Molti hanno raddoppiato con locali satelliti, tapas bar, panini, cave: Le Chateaubriand e Septime, per esempio. Altri ritoccano un po' la formula. Io invece al momento sono concentrato sul classico ristorante borghese italiano di una volta, parlo di quelle situazioni in cui il ristoratore ha un solo locale e dove, se vuoi, puoi mangiare anche solo un piatto. Come dicevo รจ una cosa che ormai non esiste piรน.
E il menu degustazione?
Diciamoci la veritร : quando sei piรน giovane fare il degustazione ti diverte da morire, cambi sempre, sperimenti, ti mette alla prova. A 25 anni pensavo a fare solo cucina creativa e ricerca, adesso guardo anche al recupero della tradizione, ai grandi classici, perchรฉ voglio diventare un cuoco completo, voglio anche fare cucina di territorio, lavorare la selvaggina, e voglio farlo ora, anche perchรฉ dopo i 45 anni inizi a essere meno attuale, rischi di perdere il treno. Una delle cose buone della bistronomia รจ l'etร media di chi la fa, quasi sempre sotto i 30 anni. A questa etร devi spingere, devi lasciarti andare, prendere dei rischi un po' forti, insomma devi osare. Poi cresci e devi completare il tuo percorso. Insomma se devo pensare a un cuoco penso a uno come Salvatore Tassa, uno che sa fare entrambe le cucine.
Cosa vuoi tenere dell'esperienza di Rino?
Beh ci sarร un menu carta bianca sulla scia di quel che si trova ora a Rue Trousseau, non piรน di sei passaggi e una mini carta, magari da ingrandire nel tempo. Vorrei proprio fare un passo indietro, servire il pesce intero se trovo un gran prodotto, per esempio, e i piatti del calendario, giovedรฌ gnocchi e sabato trippa. E poi il carrello dei dolci: un solo dessert al piatto e poi il carrello. Mentre il carrello dei formaggi non so, non dai abbastanza surplus ai clienti rispetto all'acquisto. Questo รจ quel che immagino adesso. Senza perรฒ dimenticare quanto fatto fino ora, mantenendo un'impronta personale, che รจ la mia e quella di Rino..
Quindi addio Rino e benvenuto a cosa?
Molto dipende dal locale che troverรฒ: Rino ha uno spirito particolarissimo, cosรฌ semplice, รจ esattamente come lo sognavo quando immaginavo un posto mio. Se ci penso mi commuovo. Non so ancora se manterrรฒ il nome, anche perchรฉ ho paura che i clienti cerchino di nuovo quell'atmosfera, e temo di deluderli se non sarร cosรฌ. Se riesco a ricreare quell'atmosfera, con la presenza forte della cucina che senti e vedi appena entri. Dico che se avrร il Rino lo chiamerรฒ Rino.
a cura di Antonella De Santis