LA VIGNA | Primo d’Anfora è frutto di una rigida selezione di uve grechetto – che domina l’assemblaggio – drupeggio e malvasia. Le uve raccolte provengono da quella che viene considerata la “Vigna Vecchia” aziendale, piantata dal nonno di Giulia, attuale titolare. Hanno quasi cinquant’anni e sono loro che danno vita al particolarissimo bianco aziendale. Allevamento a Guyot e radici che affondano in terreni argillosi, quei terreni che caratterizzano la moltitudine dei vigneti di proprietà e, non a caso, danno il nome alla cantina. Attualmente gli ettari vitati che danno origine alle bottiglie prodotte sono circa 14 e sono dislocati all’interno di 220 ettari che la tenuta può vantare. Un grande impegno è destinato alla sostenibilità ambientale, attuata tramite utilizzo di energie rinnovabili e un sistema all’avanguardia di riutilizzo delle acque reflue.
LA PERSONA | È Giulia Di Cosimo che attualmente gestisce la cantina orvietana. Giovanissima, laurea alla Bocconi, era destinata a un futuro roseo in ambito finanziario, in quel di Milano. Sono bastati però pochi viaggi verso il centro Italia, nell’azienda di famiglia, fondata da suo nonno all’inizio degli anni Ottanta, per un cambio vita radicale. Giulia ora viva accanto alla cantina, in un casale in mezzo ai vigneti. È lei che ha preso in mano le redini della cantina occupandosi di tutto e avvalendosi di collaboratori di grande esperienza. Da subito la prima scelta importante. Concentrarsi sui migliori appezzamenti aziendali al fine di produrre una qualità altissima, qualità che deve esprimere clima, suoli e tradizioni dell’areale di orvieto. Il vino che vi presentiamo è l’altra scelta forte attuata da Giulia: produrre un qualcosa in cui anche il contenitore utilizzato fosse riconducibile al territorio.
IL VINO | Le uve del Prima d’Anfora, una volta in cantina, vengono sottoposte a fermentazione in orci di terracotta. La scelta deriva dal voler utilizzare lo stesso materiale che caratterizza i suoli su cui insiste l’azienda. Anche l’affinamento, sulle fecce fini, prosegue nelle anfore che hanno delle caratteristiche uniche: da un lato non cedono nessun aroma al vino, che rimane fedele al suo territorio, dall’altro, tramite un micro-scambio d’ossigeno, fanno respirare il vino come avviene col legno e lo preparano a una lunga vita. Fondamentale in questo processo è stato un grande artigiano del territorio, lavoratore di argilla e specializzato in contenitori per il vino. Il risultato è incredibile: complessità al naso tra fiori bianchi, frutta a pasta gialla, erbe aromatiche e sensazioni ammandorlate e una bocca fine, elegante, di grande scorrevolezza, ma allo stesso tempo con carattere da vendere, dove la freschezza acida si fonde benissimo alla sapidità e garantisce un finale pulito e di grande profondità.