LA VIGNA | Le vigne di In Alto si trovano...in alto. Sono le montagne abruzzesi, il Gran Sasso in particolar modo, a incorniciare l'avventura produttiva di Adolfo de Cecco. Otto ettari e mezzo a Ofena, 1,5 dei quali dedicati al pecorino da cui proviene la selezione le Pagliare; sempre a Ofena, un vero e proprio cru di montepulciano, Campo Affamato: mezzo ettaro; poi si sale agli 800 metri di quota di Roccapreturo, un ettaro, e di Carrufo, 1500 metri quadri. Montepulciano, trebbiano e pecorino sono le sole uve che dimorano in tutte queste parcelle.
LA PERSONA | Adolfo De Cecco non ha ancora 40 anni ma di certo ha le idee chiare su quello che vuole fare con la sua cantina. Da sempre lavora nell'azienda di famiglia (ma ha provato anche la via del cantautorato). Poi la folgorazione per il mondo del vino e la decisione di puntare subito "in alto", in tutti i sensi. Si dedica alla ricerca di un territorio che potesse esprimere la sua idea di vino, cioè struttura in una matrice di eleganza e finezza. Lo trova sulle montagne abruzzesi, a Ofena. Il progetto prende vita ufficialmente con la vendemmia 2018, anche se c'erano già state delle prove con la 2017 e la 2016.
IL VINO | Il nome del vino ci riporta al periodo in cui i pastori facevano la transumanza; proprio tra Ofena e Capestrano passava il tratturo nei pressi del quale venivano costituiti dagli stessi pastori dei ripari di fortuna con pietre e paglia per passare la notte, le pagliare appunto. Il pecorino che dà vita a questa etichetta proviene da una selezione del vigneto di Ofena; dopo una macerazione con le bucce di circa 72 ore, avviene una spremitura soffice da cui si ricava un mosto fiore che fermenta con un pied de cuve; il 70% della massa viene spostata in tonneau, il resto in acciaio. Dopo otto mesi le masse vengono riunite e il vino rimane in bottiglia per altri due anni. Il risultato è un bianco di straordinaria complessità dove si mescolano ricordi di pesca e albicocca, foglie di fico, zenzero e agrumi canditi innestati su un sottofondo di matrice minerale che riporta alla pietra focaia e a sbuffi di idrocarburi. La bocca è ricca, impatta calda e saporita per abbandonarsi subito a una scia sapida e acida che bilancia la succosità. Va aspettato ancora qualche anno; quando queste componenti saranno ben amalgamate, avremo a che fare con un grande bianco del Centro Italia.