LA VIGNA | L’ettaro vitato da cui provengono le uve è collocato nella area più alta della zona di Lapio esposta a nord. Fino al ’900 era presente una “neviera”: un pozzo dove veniva conservata la neve fino all’estate successiva e veniva usata per conservare gli alimenti. “La neve si scioglieva lentamente proprio perché ci troviamo in alto, in un’area esposta al nord. Qui si facevano vini leggeri e acidi, ma con l’innalzamento delle temperature oggi è diventata un’ area vocata per produrre fiano”. Le radici delle vigne penetrano nel terreno di matrice vulcanica, fatta di limo, sabbia, pomice, lapilli in superficie che in profondità diventa argilloso. Le uve dopo la pressatura vedono una macerazione prefermentativa sulle bucce di 15 ore e successivamente sull fecce intere per una settimana con batonnage giornalieri, in cui il mosto è mantenuto a 10 gradi. Segue il travaso e la fermentazione e l’affinamento per 6 o 7 mesi, svolto per l’80% in acciaio e 20% barrique rovere francese nuove. Una lunga sosta in bottiglia è l’ultima fase di produzione che vede l’uscita in commercio del vino a 3 anni della vendemmia.
LE PERSONE | Ercole Zarrella insieme alla moglie Aurelia Fabrizio e oggi affiancati dalla figlia Simona, hanno il merito di aver valorizzato il territorio e le uve autoctone dell’area di Lapio in Irpinia. Fiano e Aglianico sono coltivate e vinificate con l’intento di veicolare una forte passione e il grande lavoro artigianale che c’è dietro le loro etichette. Dal 2004, anno di fondazione dell’azienda, esaltando micro aree, continuando a sperimentare sempre mantenendo un alto standard della qualità - il Neviera di Sopra ‘19 ne è un esempio, i due hanno dato slancio a vitalità a un’area fortemente vocata e conosciuta da millenni per la viticoltura.
IL VINO | Il nome porta con sé quella che è una delle caratteristiche di questo raffinato bianco che nasce nel prestigioso “cru” di Arianello. Perché è vero che siamo in Campania, e quindi nel Meridione del nostro Paese; ma è altrettanto vero, e lo sa bene chi ha a che fare con i bianchi irpini, che di caldo e mediterraneo qui c’è ben poco. Nel Neviera di Sopra ’19 -prima annata prodotta- c’è piuttosto il freddo delle cime algide, la sensazione della roccia che si unisce a quella tipica timbrica fumé dei Fiano più identitari. A cercarli bene si trovano anche tratti agrumati che ricordano più il lime e il pompelmo verde che il limone, per un profilo aromatico che va a chiudere su un raffinato sbuffo di anice. La bocca taglia, con la dirompente acidità, e cuce, con un sorso iodato e intriso di sensazioni minerali, il tutto in un contesto dove alla fine dei giochi rimane l’appagante sensazione di aver assaggiato una grande etichetta.