LA VIGNA | Ci troviamo a Randazzo, versante Nord dell'Etna in uno dei grandi cru del vulcano, il San Lorenzo. Chi conosce la cantina Girolamo Russo avrà già assaggiato il San Lorenzo. Parliamo di una delle grandi vigne etnee, ma la cosa più bella e affascinante e che in questo caso parliamo di una porzione di vigne, denominata Piano delle Colombe. Meno di un ettaro, precisamente 0,70ha, in cui le piante hanno non meno di ottant'anni. Il suolo è il solito vulcanico, con sabbie e ricchissimo di minerali. L'allevamento è ad alberello, modificato negli anni a spalliera per dare il supporto alle vecchie piante. La produzione è bassissima, intorno ai 20 quintali, tenendo conto che parliamo di meno di 4mila piante totali. L'altezza, come è normale da queste parti, è davvero notevole: siamo a 750 metri sul livello del mare.
LE PERSONE | L’azienda nasce per volere di Giuseppe Russo che nel 2005 decide di proseguire l’attività di famiglia. La dedica nel nome è proprio a Girolamo Russo, suo padre e viticoltore da sempre. Nato a Passopisciaro, uno dei paesi simbolo della vitivinicoltura etnea, Giuseppe ha tenuto salde alcune radici antiche utilizzate nel fare il vino, ma allo stesso tempo ha voluto costruire una realtà moderna grazie al quale i vini sono esportati nel mondo. Da sempre l’enologo consulente è Emiliano Falsini. L’idea di fondo è quella di preservare le vecchie vigne, aggiungendo nuovi filari e andando a produrre vini autentici, sinceri, veri figli della viticoltura etnea. In più Giuseppe ha voluto mantenere i lavori manuali, di un tempo: potature corte, aratura, zappatura, legatura, zolfo e rame.
IL VINO | Nonostante il colore rubino del Nerello Mascalese giovane sia abbastanza scarico, qui troviamo un punto di fittezza in più. Non è un caso. La concentrazione che offrono le vecchie vigne si nota fin dal colore. Poi il naso. Chiuso in una prima fase, si apre piano piano offrendo prima delle note deliziose di piccolo frutto rosso, poi tanto altro. E allora ecco la fragolina, poi il mirtillo, un tocco di ribes. E ancora una nuance speziata, un cenno terroso, acre, quasi ematico e poi ancora un finale di sottobosco. La bocca richiama nei sapori tutto ciò che occhio e naso hanno anticipato. Il vino è avvolgente, il tessuto cremoso. Mai però si avvertono eccessive morbidezze, anzi. I Sali minerali del terreno danno una sapidità da manuale, l'acidità della montagna si sente eccome. E poi il tannino, fine, ben amalgamato alla materia, capace di dare ritmo al sorso. Finale di grande profondità, pulizia eleganza.