LA VIGNA | Ti guardi intorno e pensi di essere sbarcato su Marte. Siamo sull’Etna, sopra Bronte e a ovest di Randazzo. La vista è a dir poco ampia, si spazia dai Monti Nebrodi al cono del vulcano. La contrada – l’unità di misura del vulcano – si chiama Nave, siamo a 1200 metri di quota, il suolo qui è ancora più sabbioso che altrove, anche grazie ai costanti sbuffi della montagna. “Nel primo anno di produzione ho contato 72 eruzioni”, racconta Stef Yim. Il ripiddu fresco fa da cornice ad alberelli di grenache (sì avete letto bene) a piede franco, il 60% hanno più di 100 anni. Le rese? Ridicole, nell’annata 2019 da circa un ettaro sono stati raccolti 1166 kg di uve.
LA PERSONA | Stef è nato ad Hong Kong, da madre giapponese (gestiva un ristorante di ramen a Nagoya). Si è fatto le ossa nei ristoranti di Los Angeles come sommelier per poi studiare enologia in California. “Mi sono innamorato dell’Etna assaggiando tanti vini alla cieca. Nel bicchiere c’era un richiamo che non trovavo altrove, un’energia che mi affascinava. Altezze così elevate, un suolo vulcanico così fresco, piante vecchie e tanta bellezza: non c’è nulla di simile in giro”. Così nel 2014 acquista i primi terreni, nel 2015 escono le prime manciate di bottiglie. Fermentazioni spontanee, lieviti indigeni e dosi minime di solforosa: “Voglio vini puliti ed originali, capaci di raccontare l'Etna al di là del vitigno” . E, prima di farti assaggiare i suoi vini, sfrega due rocce della singola cotrada, portate con sé anche nei viaggi all’estero.
Il VINO | 1200 Metri ha il dono dei migliori vini dell’Etna: l’imprevedibilità. Al di là degli aromi, sorprende la sua modulazione. Apre imbronciato su toni di rabarbaro e radice, con toni balsamici molto scuri. Dopo pochi istanti, è praticamente muto. Poi, riparte su toni sinuosi di ginepro e viola appassita, la bocca è cremosa e avvolgente, tra piccoli frutti di bosco e una sfiziosissima nota di friggitelli, pepe e tè nero invecchiato. Dopo pochi minuti nel bicchiere, è ancora un altro vino; attacca forte e sfuma leggero. In tanti, lo scambierebbero per un Nerello Mascalese. Per l’intensità aromatica, per il peso lieve dei tannini, per quell’evoluzione soffusa e ondulata. Il territorio è più forte del vitigno. La 2019 è solo la seconda annata prodotta da Stef, impressiona il livello già raggiunto. Tra gli altru cru, suddivisi per altitudine, occhio al Centenario, specchio della contrada Feudo di Mezzo.