In una città dove l’architettura contemporanea è diventata rifermento d’avanguardia globale, provare a toccarla con mano, viverla secondo il pensiero di chi l’ha progettata, può aggiungere esperienza indelebile al viaggio. Un modo per farlo è senz’altro il momento della cena: i ristoranti firmati da grandi architetti sono così tanti che c'è solo l’imbarazzo della scelta. Dal Kozue al 40mo piano del Park Hyatt, progettato da Kenzo Tange - e scena del film Lost in Traslation - al più recente Hoshinoya, nel cortile zen dell’Hoshino resort, disegnato da Rie Azuma, a uno dei ristoranti del The Palace, di Mitsubishi Jisho Sekkei. E poi, senz’altro, al Kamon, il ristorante dell’Imperial Hotel, in origine a firma Frank Lloyd Wright, che di Tokyo ha fatto l’icona del Giappone in Occidente.
Kamon
La vista sulla città dal 17mo piano apre sul Parco di Hibiya, l’amuse bouche è servito:
Crema di piselli verdi con sorbetto di champagne rosa
Pie di roast beef alla griglia, gamberi dolci e ricci di mare
Mousse di meduse e asparagi bianchi
Comincia così il preludio d’attesa al banco teppanyaki, del Kamon, mentre lo chef prepara la postazione e sistema gli ingredienti per la cena. Si avviano piano le prime fasi del rituale della cucina dal vivo, a tu per tu con lo chef, in cui apprezzare il suono ritmato degli utensili, osservare tecniche e gesti di ogni fase di cottura, chiedere e chiacchierare. Piatto forte in menu (naturalmente) è il miglior manzo che c’è, nei tagli più pregiati di Kobe Wagyu marmorizzata della migliore selezione, da allevamenti incontaminati, accarezzati a mano e abbeverati a birra biologica. Vedersela preparare in diretta, crea la sospensione perfetta tra gli odori fragranti che precedono il gusto del palato e l’impazienza del primo assaggio. Il Kamon è tra i ristoranti di riferimento per il miglior teppanyaki in Giappone declinato alla maniera occidentale, in onore dell’anima cosmopolita per cui è nato l’Imperial Palace 128 anni fa. In cucina ancora oggi, ciò significa che la formazione degli chef (giapponesi) sia di scuola francese per interpretare con quelle tecniche gli ingredienti e i prodotti locali. I piatti tradizionali ricevono così un tocco di fusion interculturale utile a tradurre i valori originari della gastronomia giapponese in linguaggi internazionali.
La carne
La tradizione dell’alta macelleria è di fama storica all’Imperial. Le cucine dispongono di un intero settore dedicato alle carni, in cui è consentito l’accesso solo a chef di alta specializzazione, capaci di intuire l’equilibrio esatto tra carne rossa e rete sottile dei filamenti di grasso. Si narra che debbano passare tre anni di training, prima uno chef possa capirne a fondo e occuparsi di cucinare carne pregiata a regola d’arte in teppanyaki. Nel progetto del menu, il crescendo gustativo parte con gli antipasti preparati con pesce freschissimo, verdurine e assaggi di carne. I contorni sono minimali, in onore alla tradizione dell’accompagnare la griglia con ortaggi semplici come patate, porri o asparagi, naturalmente selezionati da provenienza biologica certificata.
Il bancone del teppanyaki
Il teppanyaki invoglia a una socialità conviviale tutta sua. I posti a tavola sono organizzati intorno alla grande piastra a cui lavora lo chef e la cucina dal vivo coinvolge i commensali in una esperienza quasi didattica. Si partecipa in diretta alla costruzione del piatto, e si scoprono segreti altrimenti non accessibili, come la riduzione delle lamelle di grasso ritagliato alla wagyu, in gustosissime praline croccanti, tutto fatto in diretta, con una meticolosità tra il chirurgico e l’acrobatico. In sala si contano 8 postazioni, ciascuna per 8 commensali accomodati su sgabello al banco che circonda la piastra.
I dolci
La commistione oriente occidente è affidata anche al momento del dessert. I dolci vengono offerti in una saletta a parte, allestita in gusto old england con motivi floreali ispirati a William Morris. In menu una inaspettata pasticceria francese di cioccolati e creme declinati sui temi del tè.
L’Imperial Hotel
L’Imperial Hotel a Tokyo è un posto speciale, non solo per l’esperienza gastronomica al Kamon con i piatti nipponici più autentici. Alla sua fondazione, infatti, era destinato a rappresentare la modernità del Giappone, che tesseva i suoi legami con l'Occidente. È noto al mondo per due cose: perché è stato il primo hotel di lusso per viaggiatori di lusso in visita dall’Occidente nella più civilizzata città d’Oriente. E perché era l’unico edificio progettato e realizzato da Frank Lloyd Wright in Giappone, dove aveva vissuto per anni, dal 1905. Grazie al genio dell’architetto, nasceva un luogo di sintesi perfetta tra la tradizione dell’ospitalità omotenashi, declinata per la prima volta alla maniera occidentale, e l’architettura più pregevole che si potesse desiderare al mondo, per mano del maestro assoluto della modernità di ogni tempo. Lo spazio era in sé ornamento e l’ornamento era spazio, in una lirica di pietra ornata di tufo Oya e mattoni gialli pregiati, il frutto di mente razionale e spiritualità orientale, come solo Frank Lloyd Wright poteva.
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L'edificio
Portici, corridoi e altezze vertiginose, pareti forate da ampie aperture davano molteplicità agli spazi, pur racchiusi in un solo sguardo. Tutto era molto disegnato, con dettagli minuti ispirati a grafismi in stile revival maya, e all'iconografia delle culture mesoamericane precolombiane. Boiseries e geometrie in bassorilievo erano la cifra stilistica e architettonica del maestro, nel disegno di lampade, poltrone e arredi, dalla lobby alle suites, inclusi argenterie, servizi da tavola, piatti e stoviglie, grafica dei menu e opere d’arte. All’esterno vasche d’acqua e muri imponenti, ricoperti di verde pensile. La vita dell’edificio originario è durata dal 1923 al 1968, superando intatto anche il grande terremoto che devastò il Kanto, a pochi mesi dall’apertura, e a otto anni di lavori. La proprietà mise mano a nuove costruzioni già nell’immediato dopoguerra.
Nel ’68 l’Imperial ‘Wright’, come lo chiamavano gli appassionati, fu demolito per inadeguatezza ai tempi e sostituito da una torre ultra moderna in stile brutalista. La facciata principale, messa in salvo, oggi è conservata al museo di architettura all’aperto di Meji Mura. Nell’83 al primo edificio è stato affiancato un secondo di 31 piani, appena ristrutturato. L’Imperial è tra gli hotel più venerati d’Oriente, e ha fatto parlare di sé per decenni. Lo scorso anno, al 150mo anniversario della nascita di Wright era presente con una sezione sua propria e una collezione di 800 disegni di progetto, nella retrospettiva dedicata al Maestro al MoMa di New York.
L'Old Bar
Il bello, oggi, dell’Imperial di ieri è viverlo in esperienza diretta, con una cena teppanyaki al Kamon, e una lunga serata all’Old Bar, istituzione assoluta in città ideale per ritirarsi dalla metropoli e vivere un’atmosfera glamour old style. Gli interni sono dedicati a Frank Lloyd Wright e ispirati in ogni dettaglio al suo progetto originario, dalle sedute, alle cromie, ai soffitti bassi, alla pietra di Oya lavorata, disposta su un intera parete, incluso le luci basse tendenti al buio. In menu c'è il ‘Monte Fuji’, il cocktail icona super dolce che firma il bar dal 1924, con gin, maraschino, succo di limone e ananas, albume d'uovo, panna montata e sciroppo di zucchero. La ciliegia completa il calice con chiari riferimenti al periodo dell’anno più bello del Giappone. L’abbinamento ai croccantini kaki-pi di riso e arachidi è dovuto.
L’Imperial Hotel è il luogo dove indugiare senza tempo, accompagnati dalla migliore cultura gastronomica giapponese, sulle tracce del pensiero d’architettura più colto e affascinante di sempre. Non è facile concentrare in un sol colpo, a tavola, il meglio della cucina di un luogo e pezzi importanti della sua storia, con dentro vita, cultura e architettura di rilevanza mondiale; The Imperial Hotel – come pure The Palace Hotel – è stato selezionati nel gruppo Leading Hotels of the World, per il valore iconico, urbano e culturale, che rappresenta.
Imperial Hotel – Giappone - Tokyo: 1-1 - Uchisaiwai-Cho 1-Chome, Chiyoda-Ku 100-8558 - +81 3 3504 1111 - https://www.imperialhotel.co.jp/e/tokyo/restaurant/kamon/
a cura di Emilia Antonia De Vivo