“L’anima del Trigabolo è volata in cielo!!”. L’annuncio lo ha dato poco fa su Facebook Igles Corelli, uno delle creature di Giacinto Rossetti, il rappresentante di giocattoli che cambiò la cucina italiana e che è morto all'età di 76 anni.
Dai giocattoli agli ingredienti
Rossetti era nato il 14 maggio 1948 La sua vita (e un po’ anche la nostra) prese un’altra strada quando nel 1979 decise di rilevare una modesta pizzeria di Argenta, in piazza Garibaldi. “All’inizio – racconterà anni dopo alla giornalista Alessandra Meldolesi - era una pizzeria, perché il comune aveva combinato la sua solita cazzata, passandomi la licenza che già c’era; ma dopo aver perso la causa ha dovuto autorizzarmi a fare le mie cose, soprattutto cibi tradizionali. Io fin da subito ho iniziato a spingere sull’acceleratore, con l’ambizione di proporre cose che in Italia non c’erano. Mi era già chiaro come il primo argomento della cucina italiana fosse la reperibilità delle materie nobili. E a quei tempi la zona era ancora più difficile, massacrata da una nebbia onnipresente, che adesso non c’è più”.
La mia banda suona il rock
Rossetti inizia a battere la provincia italiana in cerca di ingredienti. Visita cantine, conosce produttori, artigiani, contadini, allevatori, formaggiai, studia e si fa spiegare. Sono gli anni in cui la cucina italiana sta mettendo il muso fuori dalla tana dopo un lungo letargo, ma Rossetti non è sedotto dalla Francia che in quello stesso periodo Gualtiero Marchesi sta “italianizzando”, lui guarda alla grande provincia italiana e al suo umanesimo. E si circonda di persone speciali. “In cucina – racconterà anni dopo Stefano Bonilli sul suo Papero Giallo - assume un giovane cuoco che ha lavorato sulle navi, si chiama Igles Corelli. Igles chiama un diciasettenne che ha lavorato con lui e si chiama Bruno Barbieri. Il terzo della band è un altro giovanissimo, fa il pasticciere, è appena uscito dalle scuole professionali, si chiama Bruno Gualandi. A questo terzetto aggiungete un maitre assolutamente atipico, Bruno Biolcati, ed ecco la squadra che, capitanata da Rossetti, rivoluzionerà dalle fondamenta la cucina fin lì fatta in Italia. Perché i rockers del Trigabolo sposano la nuova cucina con i prodotti del territorio e sono tra i primi a fare una cucina diversa da tutto quello che c’era allora in Italia”.
Gault conquistato
Tutto era fatto espresso al Trigabolo, le verdure arrivavano dall’orto, le sfogline gli davano di gomito, le erbe aromatiche erano usate con sapienza e creatività, la cacciagione spesso era fornita da cacciatori locali, sfidando le leggi del sistema sanitario. I piatti erano provati e riprovati anche di notte, perché quello era il momento, Giacinto e i suoi erano giovani e stavano cavalcando l’onda di una stagione che, lo sapevano anche se non lo pensavano, non sarebbe tornata mai più, almeno non in quel modo. E quando Federico Umberto D’Amato, quello strano tipo di gastronomo e agente segreto che ha tirato per qualche anno i fili di tutte le vicende italiane, in politica e a tavola, portò ad Argenta Henri Gault, colui che con Christian Millau redasse il manifesto della Nouvelle cuisine, questi rimase sbalordito dal Budino di cipolla al fegato grasso e zenzero e dal Pasticcio di cervello alla fonduta di pomodoro, lui che era arrivato là per provare i Ravioli di faraona allo zabaione di parmigiano, che Rossetti però non aveva voglia di servire, pensa tu.
Un decennio fantastico
Iniziò la leggenda. Il livello del Trigabolo restò altissimo per una decina di anni, da lì passarono alcuni di migliori talenti della cucina italiana, che facevano la fila per lavorare in quella Silicon Valley del pensiero gastronomico: Italo Bassi, Marcello e Gianluca Leoni, attratti non certo da stipendi faraonici, anche se nel frattempo erano arrivate le stelle Michelin, dapprima una, poi due. Ma i costi di una cucina di quel livello, in una provincia sperduta tra l’Emilia e la Romagna, erano insostenibili, anche perché Giacinto era inflessibile sulla qualità della materia prima e delle bottiglie di una cantina che all’epoca aveva pochi eguali in Italia. Il Trigabolo iniziò a perdere colpi, Rossetti fu costretto a chiuderlo nel 1993, ma nel frattempo il polline del cambiamento era stato sparso ovunque nelle cucine del nostro Paese.
Il film che non vedrà
A Rossetti e al sogno del Trigabolo verrà dedicato un film attualmente in lavorazione, per la regia di Mauro Bartoli. “Non riuscirà a vederlo, era il suo sogno. Viva Giacinto!”, si commuove Corelli. Già, viva Giacinto.