Quella bestia dell’Ottavio mi chiama e mi fa: «Sto guardando il navigatore, mi mancano due ore per Chiusi». «Ottimo, ma non dovevi essere qui per pranzo, mezz’ora fa? Noi stiamo entrando». E così finisce che, nonostante la prenotazione per tre, ci presentiamo in due alla Solita Zuppa, osteria con più chiocciole che posate. Ricevuta l’infausta novella, l’oste, uomo rubicondo e irritabile, fa una mezza giravolta su se stesso e urla: «Siete in dueee? Ma noooo». Lo guardiamo sbigottiti. Prosegue con voce vibrante: «Ma cosa si fa, come è possibile? Non sapete il danno? Forse non avete a che fare con la ristorazione».
Ma il siparietto no!!
Placata l’ira funesta del Pelide Andrea, ci sediamo, felici come sulla poltrona del dentista, non senza far notare che noi ci siamo eccome nella ristorazione - non nel senso del Gambero, che non viene menzionato -, ma nel senso che la collega è titolare di ben due ristoranti. E che quando c’è una persona in meno o in più, non si fanno giravolte acrobatiche, non si lanciano imprecazioni: ci si prodiga a risolvere, con il sorriso, perché fa parte delle regole d’ingaggio per un ristorante.
La prenotazione con carta di credito
Augurando lunga vita alla Solita Zuppa, osteria mirabile, e all’Andrea (un po’ di nervosismo ci sta), raccontiamo l’aneddoto perché rientra nella guerra fredda in corso tra ristoratori e clienti. I primi talvolta si inviperiscono contro chi è in ritardo di cinque minuti e giustamente schiumano rabbia contro i furbetti del «no show», quelli che prenotano tavolate da 10 e poi spariscono, esibendosi in un ghosting perfetto. I clienti considerano spesso i ristoratori come lestofanti legali, venditori di fuffa a peso d’oro. Contro i desaparecidos - clienti tendenza farabutto - è sempre più diffusa la richiesta di una carta di credito a garanzia. Hai prenotato per 10 e non vieni? Paghi 30 o 50 euro a coperto.
Un disguido e partono 160 euro
Tempo fa ho avuto un altro «incidente». Ho prenotato online l’ottimo Consorzio di Torino, con largo anticipo. Troppo. Un giorno, mentre a Milano mi godo un Fricandò, il cellulare mi avvisa di un prelievo di 160 euro da Torino. Ohibò: la sanguisuga è proprio il Consorzio. Rapida ricognizione interna, neuroni che fumano, poi l’illuminazione: ho sbagliato mese. La chiamata di chiarimento (con supplica e offerta di riprenotazione) è inutile. Loro, inflessibili, io con 160 euro in meno (40 a coperto).
Un po' di discernimento
Eppure non è arrivato nessun reminder il giorno prima. Ma se state per succhiarmi tutta questa grana, non sarebbe il minimo avvertirmi? E magari anche graziarmi, visto il disguido? Cari amici ristoratori, vi imbestialite per una minima variazione, come alla Solita zuppa, e poi, come al Consorzio, dimenticate di avvertirmi che rischio un salasso se mi distraggo? Insomma, tra il «no show» del farabutto e il minimo cambio di programma o la svista di un uomo confuso c’è un abisso, no?
(A proposito: ma il «no show» dei grandi chef che in cucina non ci stanno mai non meriterebbe un bel rimborso?)