Le alghe marine sono una ricchissima fonte di nutrienti e posseggono proprietà di ogni genere, da quelle antiossidanti a quelle depurative. Sono ricche di vitamine e sali minerali e, in alcuni casi, di omega 3. Insomma, sono un concentrato di salute. Ma non è tutto. Tra le ultimissime scoperte sulle qualità di questo superfood, infatti, ce ne sarebbe un’altra molto importante, visti i tempi che stiamo vivendo: questa umilissima pianta acquatica avrebbe tutte le potenzialità per diventare una fonte di cibo qualora ci trovassimo ad affrontare un conflitto nucleare.
Catastrofe nucleare? Le alghe marine ci salverebbero
Pur se piuttosto trascurate nei nostri menù quotidiani, le alghe, invece, potrebbero rivelarsi la chiave per sostenere la vita in un mondo dove le tradizionali fonti di cibo scarseggiassero. A confermarlo un recente studio di un gruppo di scienziati dell'Università Justus-Liebig, in Germania, il quale dimostra che l'alga marina non solo può sopravvivere a una catastrofe nucleare, ma può addirittura prosperare, offrendo un'alternativa interessante di nutrimento. «Investire nella coltivazione di alghe potrebbe può prevenire la carestia globale in scenari di improvvisa riduzione della luce solare» si legge sulla ricerca intitolata Seaweed as a resilient food solution after a nuclear war e selezionata alla conferenza della European Geosciences Union a Vienna, come una delle proposte più entusiasmanti e interessanti tra le 17mila presentate.
Alla ricerca di fonti alimentari resilienti
A presentare lo studio è stato Florian Ulrich Jehn, dell’Alliance to Feed the Earth in Disasters: «Se gli effetti diretti di una guerra nucleare sono devastanti, quelli indiretti potrebbero essere anche peggiori. La luce del sole sarebbe ridotta al minimo e di conseguenza anche le colture. Tutto questo provocherebbe carestie e carestie diffuse».
Eventi come un inverno nucleare sarebbero catastrofici e per l’umanità significherebbe l’estinzione. Per tali motivi ALLFED si concentra proprio sull’identificazione di fonti alimentari resilienti anche in condizioni estreme. E le alghe marine sono un candidato molto promettente, poiché possono crescere rapidamente e richiedono risorse minime.
I Paesi non facciano come con la pandemia
Lo studio ha un duplice obiettivo: il primo è quello di evitare di farci fare la fine dei dinosauri, continuando a studiare per trovare sempre più fonti alimentari alternative che possano essere coltivate dopo le catastrofi globali. La seconda, però, è sia sensibilizzare i Paesi a prendere molto più sul serio scenari come una guerra nucleare o grandi eruzioni vulcaniche capaci di distruggere tutto, sia incentivare i Governi a prepararsi adeguatamente alla possibilità, anziché trascurare l’argomento, così come è successo con il Covid-19, pandemia largamente prevista, ma decisamente sottovalutata.
Anche perché, evidenzia ancora Ulrich Jehn, se alcuni Paesi sono più preparati alla coltivazione delle alghe, perché già lo fanno, come Asia e Sud America, lo scenario cambia infinitamente se consideriamo l’Europa, dove le alghe marine vengono ancora coltivate pochissimo e dove si esplora pochissimo, non si sbaglia a dire per nulla, come si comporterebbero in scenari così estremi. L’augurio degli scienziati è che in futuro ogni Paese pianifichi non solo eventi estremi minori come le inondazioni, ma anche eventi più rari, ma dagli effetti devastanti come la guerra nucleare.