Un altro brutto anno per la sicurezza dei cittadini e consumatori: questa volta tocca all'acqua, che risulta contenere pesticidi. E sempre di più si sente l'esigenza di giornali, quotidiani, settimanali o mensili, che facciano informazione sui prodotti che gli italiani acquistano e consumano quotidianamente. La prima edizione della guida Vini d'Italia, edita da Gambero Rosso insieme a Slow Food, in soli sei mesi esaurisce una prima tiratura di 12.000 copie.
1988
L'anno si apre con l'annuncio che il fabbisogno dello Stato ha toccato i 106 mila miliardi, con un aumento del 2,4 per cento. E si chiude con la notizia che il tasso di inflazione sale del 5,6 per cento su base annua. L'inflazione media sfonda di fatto di mezzo punto il tasso programmato: 4,5%. E a fine anno il Paese scopre, con sorpresa, che oltre due milioni di italiani bevono da più di due anni acqua contenente pesticidi. La denuncia parte dai ministri della Sanità dell'epoca, Carlo Donat Cattin, e dell'Ambiente Giorgio Ruffolo, che mettono sotto accusa Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna e Marche. Nel mezzo, il primo giugno entra in vigore la “direttiva Seveso" per le aziende a rischio, che devono dimostrare di verificare gli impianti a intervalli di tempo prestabiliti. Il 26 del mese il New York Times denuncia in un articolo a tutta pagina “il colpevole stato di abbandono e di progressivo deterioramento in cui l'Italia lascia il suo patrimonio artistico”.
La prima guida Vini d'Italia
“Ah, ma è un Tre Bicchieri!”.Ma anche: “Glielo consiglio, è un Tre Bicchieri”. Dopo quasi trenta anni di guida dei Vini d'Italia le espressioni qui virgolettate sono diventate un must e un patrimonio comune nel linguaggio enologico, simbolo – ma anche sinonimo – di vera, indiscussa quanto indiscutibile qualità.
Nei primi due anni sono in tutto 24 i numeri editati dell'inserto Gambero Rosso, di cui quattro di complessive cento pagine contenute nella pancia del giornale-madre: il Manifesto. Il successo dell'iniziativa fa sì che venga anche fondata l'omonima casa editrice, autonoma, con un proprio programma di sviluppo, un suo bilancio e una sua vita societaria del tutto indipendente dal giornale che l'ha generato e lo veicola. La prima pubblicazione della nuova casa editrice è la guida dei Vini d'Italia 1988, un tomo dell'ampiezza di 348 pagine, che nel giro di appena sei mesi esaurisce una prima tiratura di dodicimila copie. “Il successo di questa iniziativa – si legge in un resoconto – è stato così grande che l'edizione '89 ha quasi duplicato la tiratura, è stata acquistata dalla casa editrice svizzera Hallwag e uscirà a maggio in Germania, Svizzera e Austria, ha introdotto prepotentemente nel mondo italiano del vino una voce nuova con la quale confrontarsi e della quale tenere conto”.
La guida, in realtà, viene presentata a Firenze il 13 dicembre dell'anno prima. L'Italia non ha ancora superato lo choc dello scandalo del vino adulterato al metanolo, così la prima edizione della guida dei Vini d'Italia vuole rappresentare quasi una forma di riscatto, un atto di incoraggiamento ai produttori italiani a meglio operare e scrollarsi di dosso il passato e il brutto presente nel quale si sono improvvisamente svegliati scoprendo le frodi dei concorrenti: “Ancora oggi la massima parte del vino italiano viene commercializzata come sfuso, senza che la legge possa anche in minima parte disciplinare la produzione”. Si legge nell'introduzione alla prima edizione. “A parte frodi e sofisticazioni, non c'è nessuna direttiva legale che limiti le produzioni pesantemente eccessive (c'è un surplus del 25-30 per cento circa) e che garantisca il consumatore sui sistemi di vinificazione. Ma a parte qualche centinaio di rare perle, la realtà del “vino da tavola” è veramente scoraggiante. È in quest'ambito che si sono perpetrati crimini quali quello del metanolo e delle peggiori sofisticazioni, di fronte alle quali il famigerato zuccheraggio diviene una marachella da scuola elementare”.
I Tre Bicchieri
La guida ha una lunga gestazione e viene preparata con grande meticolosità sulla base di lunghe degustazioni fatte un po’ alla rinfusa in giro per l'Italia, senza particolari obiettivi e scopi, su una base di 1.500 vini di quell'annata, realizzati da 500 produttori. Anche il metodo critico scelto era assolutamente innovativo: in quel catalogo era contenuto ed elencato il meglio della produzione vinicola italiana. Poi una lunga ulteriore selezione aveva selezionato in tutto appena 32 bottiglie: 10 piemontesi, 8 toscane, 3 friulane e le undici rimanenti sparpagliate un po' ovunque per la Penisola. Queste ebbero una segnalazione del tutto particolare con la stilizzazione grafica di Tre Bicchieri che affiancavano l'etichetta per evidenziarne l'eccellenza qualitativa.
La guida Vini d'Italia fu essenzialmente una grande scommessa e un fenomeno editoriale con vendite da vero e proprio best seller. Più che una guida un "breviario", una bussola per l'intero mondo enogastronomico italiano. Racconta Gigi Piumatti, uno dei curatori dell'epoca, nel volume Slow Food Revolution. Da Arcigola a Terra Madre. Una nuova cultura del cibo e della vita (Rizzoli 2005): “Ci sentivamo dei provocatori, perché davamo spazio a etichette poco conosciute, raccontavamo le storie della "brava Mariuccia" che stava in cantina accanto al viticoltore, premiavamo gli innovatori che sperimentavano tecniche di vinificazione già utilizzate da tempo nella Napa Valley californiana o in Borgogna e qui ancora poco usate. Non so come riuscimmo a far partire quella prima guida del 1988, visto che decidemmo tutto in una cena estiva al Gambero Rosso di San Vincenzo, in un incontro tra noi piemontesi e i romani”.