Seconda tappa del nostro viaggio storico tra i mensili del Gambero Rosso.
1987
Il 7 gennaio viene firmato il contratto dei circa 250 mila statali. L'aumento medio è di 114.400 lire. A metà gennaio, dai dati dell'indagine trimestrale dell'Istat sulla forza lavoro a ottobre, risulta un incremento degli occupati di 157 mila unità (per un totale di 21.049.000) e dei senza lavoro di 276 mila unità (in totale 2.771.000). In entrambi i casi è un massimo storico. Il rapporto Svimez, presentato a Napoli il 9 luglio, segnala un incremento delle differenze tra Nord e Sud: il Pil del Mezzogiorno aumenta dell'1,5% e al Nord del 3 per cento. In estate l'Arci Gola presenta un'inedita competizione gastronomica: oltre trenta ispettori visiteranno e assaggeranno, in totale anonimato, i menu dei ristoranti delle Feste de L'Unità che aderiranno al concorso, dando valutazioni e giudizi a punti. Continua “l’ottobre caldo" degli scioperi. Dopo la paralisi delle ferrovie del 2 ottobre previsti altri scioperi di piloti, insegnanti, autoferrotranvieri (bus e traghetti) e ancora dei treni.
Il giornalismo gastronomico dell'epoca
L'Italia della provincia, e pure della capitale, è Italia delle trattorie e osterie. Fatta di convivialità, dell'intrattenersi a tavola a discutere disegnando scenari. È da quei pranzi e cene, specie se all'aperto, che sono uscite le migliori idee e i confronti più creativi. Così il Gambero Rosso promuove incontri con gruppi disparati di persone, aggregate intorno al desco nei modi più diversi, o per affinità o per contrasto, e li racconta. Tocca a Severino Cesari, giornalista, scrittore, intellettuale e penna raffinata - che avrebbe poi animato con Paolo Repetti le edizioni Einaudi Stile Libero - essere il "notista" di questi inviti a tavola.
Una delle primissime cene vede gomito a gomito, Natalia Ginzburg, vincitrice nel '63 del Premio Strega con Lessico famigliare, Vittorio Foa, padre nobile della sinistra italiana, poco meno che ottantenne, insieme alla compagna Sesa Tatò, il già assessore alla cultura di Roma Renato Nicolini, il cinefilo Enrico Ghezzi e via via i nuovi arrivati intrufolatisi al tavolo dell'osteria teatro dell'incontro per un bicchiere.
“Fu da Paris, a Roma, nel cuore di Trastevere, che arrivammo, per così dire, al cuore del carciofo” è l'incipìt del resoconto quasi stenografico. “Poiché anche il carciofo ha un cuore, come tutti, e può darvi molto, se sapete darvi a lui. E noi a lui ci concedemmo in quell'antica osteria dagli alti soffitti a cassettoni, che affaccia su piazza San Calisto. Fu su questo molto transromano convoglio Paris-Rome – diverso accento, non c'entra Parigi – che ci imbarcammo, come si sentì in dovere di precisare Enrico Ghezzi cortocircuitando Paris-Texas di Wim Wenders, prima ancora che la cena avesse inizio”. Suggestioni, sapori&saperi fusi insieme. E clima, atmosfera di comunità. Questo si respirava allora (o ancora) su per giù trent’anni fa nella Capitale.
Ma ascoltate il narratore che vi porta per mano nei sapidi meandri della filosofia del buongusto, base di un "manifesto" programmatico: “Si trattava di interpretare al meglio la tradizione – una delle tradizioni – della cucina romana: con la sfida ardua di bere solo vini bianchi, e solo eccellenti. Si trattava nientemeno che di vivere bene, o benissimo, la normalità. Nulla di astrale, di prezioso per forza: una cena che io e te, ipocrita lettore, potremmo ripetere, o variare, senza dover vendere gli argenti di famiglia, che non possediamo. Con altri commensali o con gli stessi: scelti comunque per il piacere di vederli e ascoltarli parlare, l'unico vero criterio in casa del Gambero Rosso”. Sono solo pochi stralci del racconto di Cesari, che fanno capire bene com'era trent'anni fa il giornalismo gastronomico.