La foto di “famiglia” dell’inaugurazione di Vinitaly ci racconta lo stato dell’arte dell’inclusività femminile nel mondo del vino. Su undici rappresentanti del settore c’è una sola donna all’estremità dell’immagine (tralasciamo che si tratta della vicesindaca di Verona, Barbara Bissoli, chiamata in sostituzione del titolare Damiano Tommasi, assente per motivi personali). Un piccolo miglioramento rispetto allo scorso anno quando la quota maschile aveva fatto l’en plien: dieci su dieci. Casualità? Sfortuna? Disattenzione? In questo esercizio matematico, che ormai per missione ci porta a contare le presenze femminili in ogni ruolo apicale (come diceva qualcuno «finché le donne non potranno esserci per contare, è essenziale che continuino a contare per esserci»), il risultato è sempre uguale a sé stesso: scoraggiante. Qualche esempio? Prendiamo un Consorzio di peso come quello del Prosecco Doc. Quante donne fanno parte del consiglio di amministrazione? Zero. E nel Chianti Docg? Ancora zero. Così come in Valpolicella e nella Doc Cirò e Melissa, giusto per citarne qualcuno. Si sale ad una presenza in realtà quali Brunello di Montalcino, Doc Sicilia, Maremma Toscana ed Etna Doc.
Di certo i Cda sono lo specchio del sistema produttivo italiano, ma rispetto alle aziende a conduzione femminile (che sono in forte crescita) restano il luogo più restìo al superamento del gender gap. Retaggio culturale o c’è di più?
In ambito aziendale le cose non cambiano poi tanto. Le discriminazioni sono all’ordine del giorno. «Una volta un camionista ha voluto vedere la patente perché non si capacitava che fossi io a guidare il muletto» racconta la produttrice Marina Galli. «A me non volevano vendere il trattore», le fa eco Stefania Carrea. Piccoli episodi di vita quotidiana che però ci mostrano che siamo ancora a metà del guado. Quando una donna che guida un trattore o sette produttrici che si candidano al Cda di un consorzio non faranno più notizia (vedi iniziativa di un gruppo di produttrici di Gavi), allora potremmo dire di aver raggiunto l’obiettivo. Ma fino ad allora continueremo a fare la conta. E a sperare in una foto ricordo da Vinitaly un po’ più inclusiva.