Il percorso inizia nel Duemila: 35 ettari vitati coltivati in biologico perlopiù a Roseto degli Abruzzi, con alcuni filari che si allungano nel territorio di Morro d’Oro. Oggi a circa vent’anni di distanza, il progetto abruzzese di Umani Ronchi giunge a un’altra significativa tappa: il lancio del Montepulciano d’Abruzzo Centovie ‘15.
“È la conclusione di un progetto vinicolo al quale lavoriamo da molto tempo – ci spiega Michele Bernetti, titolare dell’azienda – Nel 2000 abbiamo deciso di investire qui in Abruzzo e abbiamo fatto le cose gradualmente; poi abbiamo deciso di unire ad alcune etichette storiche da sempre prodotte in questa tenuta (come il Montepulciano Jorio o il Pecorino Vellodoro) una nuova gamma che rappresentasse una sorta di selezione delle nostre migliori uve di Montipagano”. Nasce così la gamma Centovie, dal nome del piccolo paesino che sorge a poche centinaia di metri dai vigneti aziendali: il debutto spetta, nel 2017, a un’impressionante Pecorino ‘15, raffinato nella stratificazione aromatica, quanto sorprendente e nitido nell’espressione gustativa. Oggi arriva il Montepulciano d’Abruzzo Centovie della stessa annata, sempre 2015, lanciato lo scorso aprile durante la 53esima edizione del Vinitaly.
Il Montepulciano d’Abruzzo Centovie
Il vigneto da cui provengono le uve del Montepulciano Centovie è impiantato su un terreno franco argilloso, a tratti sabbioso con buona presenza di scheletro, ha una esposizione a sud/est e si trova a circa 200 metri sul livello del mare. L’uva viene diraspata e leggermente pigiata; poi viene fatta fermentare in fermentini d’acciaio per 12/14 giorni favorendo così lo sviluppo della struttura e delle note aromatiche tipiche del vitigno. Successivamente il vino subisce la fermentazione malolattica che si svolge sempre nei serbatoi d’acciaio, per poi passare alla fase di affinamento: parte in legno grande, parte in legno piccolo per un periodo di 12-14 mesi. Dopo l’imbottigliamento il Montepulciano Centovie affina ulteriormente in bottiglia per circa 6-8 mesi. Fitto nella veste, apre il ventaglio olfattivo dapprima con precise sfumature di marasche e prugne nere per poi intrecciare sensazioni speziate e sottili ricordi affumicati; la bocca è densa e generosa, polposa, arrotondata dalla quota alcolica ma ben salda nella trama tannica. “Per l’etichetta – racconta Bernetti - abbiamo scelto un piccolo simbolo, una pianta di limoni. È una pianta che ci ha sempre colpito per la sua floridezza, ed è quella che abbiamo trovato a ridosso della vecchia casa colonica al centro della proprietà. Ci è sempre sembrata un piccolo simbolo dell’azienda, anche non troppo comune nella sua sanità e vigore”.
Umani Ronchi, presente e futuro
“Si chiude un cerchio – spiega sempre Michele – ora la linea Centovie è completa: un Pecorino, un Rosato e finalmente anche il Montepulciano, l’anima più vera di questa terra abruzzese su cui abbiamo deciso di puntare”. Umani Ronchi oggi è una realtà che si estende per 200 ettari vitati su tre territori ben distinti: 110 ettari nell’areale dei Castelli di Jesi, 65 nel Conero e il vigneto abruzzese di cui abbiamo appena parlato. Tre anime che vengono vissute appieno e che godono ognuna di una peculiarità specifica.
Come per esempio il Conero e l’Abruzzo, legate dal vitigno ma certamente differenti: “Con oltre 100 chilometri di distanza in latitudine, in Abruzzo abbiamo condizioni di irraggiamento e sommatorie termiche superiori. Anche dal punto di vista pedologico esistono delle differenze: il calcare del Conero dà caratteri di finezza e aromaticità, mentre a Roseto abbiamo un medio impasto con presenza significativa di sabbia e scheletro, con la conseguenza di produrre uve leggermente più zuccherine e con una maturazione fenolica anticipata rispetto alle Marche”. Continua Bernetti: “Sempre in vigna, non dimentichiamo che una parte della nostra azienda abruzzese è allevata a tendone, oltre che al classico fi lare, mentre nel Conero utilizziamo la spalliera con densità di impianto più importanti per produrre meno uva per ceppo e favorirne la completa maturazione”.
La nuova cantina di Umani Ronchi
E poi una novità: a Roseto, a breve inizieranno i lavori per la nuova cantina: “In questi anni ci siamo sempre appoggiati a cantine terze. Però una piccola struttura era ormai necessaria per curare i dettagli produttivi e poter accentrare alcune fasi di lavorazione, come ad esempio l’invecchiamento. Si tratterà quindi di una cantina di circa 500mq, molto integrata nel paesaggio che la circonda, con una zona di invecchiamento e una parte dedicata alla visita, degustazione e tutto quello che riguarda l’enoturismo, con una splendida vista sul Gran Sasso e sul Mare Adriatico allo stesso tempo”.
E nel frattempo come vanno le cose nelle Marche? “Direi bene; abbiamo consolidato i nostri territori classici, i Castelli di Jesi e il Conero, con la selezione di vini che ormai abbiamo costruito da alcuni anni affinandone sempre più i dettagli e le sfumature, fondamentalmente cercando una personalità sempre più definita nelle varie selezioni; direi che questo è il lavoro più difficile, che necessita di apertura mentale per mettere in discussione alcuni dettagli che erano sempre dati come inamovibili. C’è una idea importante che stiamo sviluppando per il Verdicchio ed è legata alla capacità di invecchiamento; però è ancora presto per parlarne, ma credo ci saranno delle novità a medio termine. Una soddisfazione è invece venuta dalla affermazione della linea dei metodi classico: i tre vini hanno assunto una personalità e uno stile molto deciso”.