Il turismo del vino e dell'olio avranno a breve un Centro studi dedicato. La sua imminente operatività è stata annunciata lo scorso 10 maggio durante il seminario Evoluzione dell’offerta turistica e necessità formative all’università Lumsa di Roma. L’obiettivo è formare giovani capaci di trasformare l’evoluzione del turismo del vino e dell'olio in sviluppo sostenibile. Una necessità che nasce dall'accelerata negli investimenti registrati negli ultimi dieci anni nell'incoming turistico, come emerso dai lavori dell'incontro (a cui ha preso parte la ministra del Turismo, Daniela Santanchè), ma anche dal dover colmare un vuoto in un settore molto promettente, a partire da quello formativo. Se, infatti, l’enogastronomia sta rubando all’arte il podio della prima motivazione di viaggio verso l’Italia, i programmi didattici degli Istituti turistici italiani contano «66 ore all’anno di arte e territorio ma zero ore su wine and food». Si tratta di una sfida innanzitutto formativa, che la Lumsa ha scelto di raccogliere realizzando un Centro studi su turismo del vino e dell'olio.
Investimenti in crescita negli ultimi 10 anni
I dati più recenti emersi dagli studi sull'enoturismo italiano, come quelli Nomisma-Wine Meridian (contenuti nel manuale Enoturismo 4.0 realizzato da Donatella Cinelli Colombini e Dario Stefàno), dicono che la gran parte delle cantine turistiche è di piccole dimensioni, con un 29% che ha un business inferiore a mezzo milione di euro e un 30% tra 0,5 e 2,5 milioni di euro. Negli ultimi dieci anni, le imprese vitivinicole hanno investito nel turismo del vino che oggi rappresenta tra il 6% e il 14% del giro d’affari delle cantine, e genera un'alta marginalità. Le cantine turistiche hanno costruito punti vendita e sale da degustazione, il 72% offre pranzi (un terzo ha il ristorante) e il 32% anche pernottamenti.
Ancora tanti i punti deboli
La mancanza di manodopera formata è uno degli elementi che remano contro lo sviluppo del comparto. Il 44% delle cantine è fisicamente fuori dai flussi turistici ed enoturistici: zone interne verso cui, invece, bisognerebbe spingere, redistribuendola, una parte dei visitatori in eccesso (overtourism) nelle grandi città (Venezia, Firenze, Roma). Il percorso di decentramento turistico verso i territori del vino, però, si lega strettamente alla presenza di personale formato (uffici turistici, assessorati, Strade del vino). All'interno delle cantine, il problema della mancanza di personale formato è altrettanto grave, con un 74% di imprese in difficoltà nella fase di reperimento (con punte di oltre il 90% in Veneto). Dal lato dei consumatori, soprattutto i giovanissimi, c'è un 65% che dice che le cantine sono spesso noiose e tutte uguali, dal momento che nella stragrande maggioranza offrono, con piccoli distinguo, la visita guidata con spiegazione dei processi produttivi e un assaggio di vini. Le imprese, secondo i dati contenuti nel rapporto Enoturismo 4.0, non riescono a trasformare i visitatori in clienti abituali come avviene in California. Metà delle cantine vorrebbe assumere ma non riesce a trovare persone competenti in marketing enoturistico.