Arriviamo alle 19.45 e c’è già gente in attesa in vico Polveriera, a Napoli: lo "store" apre alle 20 e chiude alle 2, impossibile parcheggiare nei dintorni: chi arriva da queste parti, siamo nel quartiere Arenaccia, lo fa soprattutto per lui, e per un cornetto che - vista l’ora - è forse una cena. «Noi ne prendiamo due a testa e siamo a posto», confermano due clienti, sorriso d'ordinanza e smartphone alla mano, il selfie è quasi servito. Da 2,20 a cinque euro, 20 centesimi per il packaging, c’è anche un servizio delivery. Questo è il regno di zio Rocco, alias Rocco Canavino, 39 anni, pastry chef per antonomasia dei cornetti napoletani, 73.300 follower su Instagram come Zio Rocco Lab Store official, diffidare dalle imitazioni. Quello del cornetto più caro del mondo, per intenderci, un inno al Vesuvio con tanto di spruzzata di cenere: solo 20 pezzi per un’edizione limitata, cento euro a cornetto. Ma non siamo più per questo, naturalmente.
Siamo qui, soprattutto, per capire cosa spinga a fare la coda per cenare con un cornetto, o forse due. «Quello che ho fatto è elevare i piccoli lievitati a prodotti di pasticceria gourmet», spiega Rocco, che ha anche un altro punto vendita, a Pomigliano d’Arco, dove le file sono lunghissime. Estetica e sostanza, anche una certa attenzione alle materie prime. Che sono del territorio. «Niente Nutella, l’ho specificato a caratteri cubitali sin da quando ho aperto», dice con orgoglio.
Rilanciamo: scelta etica? «Sì, certo. In Campania abbiamo ingredienti di altissimo livello. Le nocciole che usiamo per le nostre creme arrivano da Visciano, vicino Nola, vesuviane sono le albicocche, varietà Pellecchiella, che usiamo per le composte, se ne occupa una piccola azienda di Terzigno. E dal Casertano arriva il latte di bufala. Insomma, il nostro cornetto è una risposta local alle merendine industriali». Alt: difficile immaginarsene un uso quotidiano. «Vero, - annuisce Rocco – il nostro è un locale che asseconda uno sfizio, non il rito di tutti i giorni».
Il cornetto notturno di Zio Rocco a Napoli
E del resto gli orari di apertura già fotografano il target: al momento gli Zio Rocco Lab Store aprono solo la sera, con buona pace di quelli che il cornetto lo vogliono al mattino, con il caffè e il giornale (di carta, magari). «Per la verità proveremo ad ampliare l’orario di apertura, gli affari vanno bene”, dice ad ogni modo il pastry chef. Che non fa concorrenza ai cornettai del post-discoteca, almeno non dichiaratamente: «Qui non viene il ragazzo che mangerebbe anche una scatola di zucchero, qui da noi arriva chi vuole davvero gustare un prodotto gourmet».
I prodotti, in effetti, al netto di qualche trovata promozional-trash (come il cornetto San Gennaro, chiamato ‘O Miracolo, ci risiamo, costo 25 euro, e la reclamatizzata partecipazione al Grande Fratello «che lo ha invitato a insegnare ai concorrenti come realizzare un dolce», si legge sul sito) meritano. Eccome.
Dall’Ischitano – pasta sfoglia lievitata senza zuccheri unita ad una pasta brioche a lunga lievitazione, sull'isola allo storico Bar Calise di piazza degli Eroi si staranno mordendo le mani per non averlo "brevettato" - al Patacchione, pasta sfoglia Zio Rocco con pan di nocciola briochato, ripieno di crema latte e nocciola, fino ai fuori menu come il cuore caldo, con pasta brioche al cioccolato 72% con 22 ore di lievitazione, goccioloni di cioccolato croccanti al 72% e al centro un “cuore caldo”, per l’appunto, di crema al 30% gianduia e 70% fondente. Non c’è più, invece, il gettonato Mr. Orange con impasto doppiasfoglia al cacao criollo unito a un impasto brioche all’arancia candita, ripieno di latte-panna all’arancia Tarocco e cuore al cioccolato bianco, con aggiunta di sentore di anice e arancia, essiccata e caramellata con sciroppo al Grand Marnier. Insomma: si fa presto a dire cornetto.
In principio fu il pane con la ricotta
«Faccio il pasticciere da 27 anni, avevo 13 anni quando ho iniziato a lavorare in un laboratorio. – racconta Zio Rocco - A un certo punto, però, ho realizzato che la pasticceria tradizionale napoletana mi andava stretta: così, dopo un lungo pellegrinaggio lavorativo (ha lavorato a Londra al ristorante Quaglino's e a Parigi al Bristol Hotel agli ordini dello chef Lauren Jeannin, ndr) ho iniziato a trasformare lievitati e sfogliati in prodotti di alto profilo, in dessert a tutto tondo. Ho trasformato le cheesecake in brioche, la Red Velvet in un lievitato. Ho puntato allo storytelling personale (dice proprio così, ormai nessuno più parla di storie, ndr) per ispirare le mie creazioni. Per esempio, della mia infanzia ai Quartieri Spagnoli ricordavo la fetta di pane con la ricotta e zucchero, la merenda che ci preparava la mamma. Mi ha dato il là per inventare Q-ESSE, che sta per Quartieri Spagnoli, una brioche pandoro in crosta croccante ai 7 cereali semi caramellati, prima cotta a vapore al 30% e poi asciugata in forno rotativo con all'interno ricotta di bufala in 2 consistenze - cremosa al naturale e in spuma leggera dolce - con un cuore di cantalupo, in superfice bacca di vaniglia in puro cioccolato 70%, crumble di pane cotto a legna essiccato, e zucchero di canna». Dal pane con ricotta e zucchero a qui, che rivoluzione.