Il podio che parla italiano. L’Osteria Francescana è prima
Finalmente ce l’ha fatta: Massimo Bottura ha dovuto attraversare l’oceano per salire in vetta alla classifica più prestigiosa per la ristorazione mondiale. E le prime parole sono per la moglie Lara, i suoi figli e il suo team “che ci sta guardando in Franceschetta”. Poi spende qualche momento in più per parlare di cultura, fatica, impegno e solidarietà, come quella che porterà in campo nelle favelas di Rio ai giochi olimpici. E prima che possa sciogliersi in un pianto liberatorio Lara lo raggiunge sul palco. Così il podio rivisto e corretto dell’edizione 2016: medaglia d’oro per l’Osteria Francescana, a seguire El Celler de Can Roca, chiude in terza posizione l’Eleven Madison Park di Daniel Humm e Will Guidara, che molti volevano favorito. Fuori dal podio, quindi, il Noma di René Redzepi (5), superato anche dal Central di Lima di Virginio Martinez, che si conferma quarto. Tra le new entry in top ten anche un felicissimo Mauro Colagreco (il Mirazur è sesto), lo Steirereck di Vienna (9) e l’Asador Extebarri di Aspe, nel cuore dei Paesi Baschi (10).
L’Italia della Top 50
Il gotha dell’alta ristorazione internazionale è riunito per la prima volta al Cipriani Wall Street di New York (ma l’anno prossimo si ritroverà a Melbourne, in Australia) per partecipare alla cerimonia di premiazione della World’s 50 Best Restaurants promossa dalla rivista inglese Restaurant dal 2002. Dall’altra parte dell’oceano Atlantico sono le 20, in Italia le prime immagini dei migliori chef di tutto il mondo che sfilano sul tappeto rosso di New York arrivano in streaming nel cuore della notte. Solo poche ore prima la vittoria d’esordio della nazionale italiana agli Europei di calcio 2016 ha acceso la scintilla dell’orgoglio tricolore. E allora è facile intuire perché l’attenzione di molti connazionali che scommettono sul valore della cultura enogastronomica come traino per il made in Italy nel mondo sia tutta rivolta verso questi Oscar della ristorazione che vedono tra i protagonisti annunciati ben 4 ambasciatori della nostra cucina d’autore nel panorama internazionale. Dopo i risultati piuttosto sorprendenti che una settimana fa hanno rivelato inaspettati movimenti (soprattutto in discesa) nella parte bassa della classifica – la seconda metà della top 100, dalla 51 alla 100, anticamera per l’ambita top 50, che quest’anno vede l’esordio di Niko Romito – nei giorni scorsi le prime indiscrezioni hanno puntato i riflettori su 4 volti della ristorazione italiana che non hanno bisogno di troppe presentazioni: con Massimo Bottura anche Massimiliano Alajmo, Enrico Crippa e Davide Scabin, che nel 2015 aveva dovuto accontentarsi di un 65esimo piazzamento, capitolando fuori dalla Top 50. E invece quest’anno lo chef del Combal.Zero merita nuovamente un posto nell’Olimpo della cucina: rientra al numero 46 e sorride orgoglioso ai fotografi. Non nasconde la gioia un soddisfatto Enrico Crippa, in grande ascesa con la cucina di Piazza Duomo, che entra nella top 20 e si aggiudica un bel 17esimo piazzamento (27 nel 2015). Un po’ di delusione invece per Raffaele e Massimiliano Alajmo, che scendono al 39esimo posto con Le Calandre (al 34 nel 2015).
Chi sale e chi scende. Bene Stati Uniti e Messico, delusione Blumenthal
Ma per la compagine italiana si registra anche il bel risultato di Christian Puglisi, italo-danese di Copenaghen che sale di qualche posizione (ora alla 40esima) e si conferma ristorante più sostenibile del panorama internazionale. Indubbiamente positivo il bilancio per i ristoranti del Paese ospite, con due new entry, Estela (44) e Saison (27) rispettivamente da New York e San Francisco. E pure Alinea vola alto: Grant Achatz porta il ristorante di Chicago recentemente rinnovato al numero 15 (dal 26). Va forte anche il Messico con Biko, Pujol e Quintonil, e lo stesso può dirsi per la cucina nikkei di Maido, a Lima, che scala posizioni fino alla 13, dalla 44 dello scorso anno (Highest climber). Mentre direttamente in 26esima posizione entra nella top 50 il The Clove Club di Londra (Highest new entry). Chi mastica amaro è ancora una volta Heston Blumenthal: dopo il crollo del Fat Duck anche Dinner, l’insegna londinese dello chef inglese, scivola in 45esima posizione. Nel 2015 era settimo. Altre cadute illustri si segnalano in Svezia per il Faviken di Magnus Nillson (da 25 a 41), in Perù per Astrid y Gaston (dal 14 al 30), in Spagna per Tickets di Albert Adrià (da 29 a 42) e Quique Dacosta (da 39 a 49), a Bangkok per Gaggan (da 10 a 23). Rientra in ottima posizione il Geranium di Copenaghen (28), esordisce al numero 34 Tim Raue da Berlino.
I premi speciali
Già resi noti nelle scorse settimane i premi speciali, con il riconoscimento per la Miglior chef donna, che quest’anno spetta a Dominique Crenn e il premio alla carriera assegnato al maestro della cucina francese Alain Passard. Mentre nel corso della cerimonia newyorkese è stato rivelato il preferito dagli chef, con il premio a Joan Roca che mette d’accordo la maggioranza dei suoi colleghi (l’anno scorso era toccato a Daniel Humm), ma anche il premio per il Miglior Pastry chef che spetta a un’altra gloria della gastronomia francese come Pierre Hermé e quello per la miglior promessa (One to watch award) che arriva a Tokyo da Den. Il nuovo premio per l’eccellenza dell’ospitalità (Art of ospitality) spetta invece all’Eleven Madison Park del duo Humm/Guidara. Prossimo appuntamento a settembre, a Città del Messico, per la cerimonia della Latin America’s 50 Best Restaurants. In attesa di ritrovarsi a Melbourne tra un anno.
World’s 50 Best Restaurants 2016
Osteria Francescana, Modena, Italia
El Celler de Can Roca, Girona, Spagna
Eleven Madison Park, New York, Stati Uniti
Central, Lima, Perù
Noma, Copenaghen, Danimarca
Mirazur, Menton, Francia
Mugaritz, San Sebastian, Spagna
Narisawa, Tokyo, Giappone
Steirereck, Vienna, Austria
Asador Exxtebarri, Aspe, Spagna
D.O.M., San Paolo, Brasile
Quintonil, Città del Messico, Messico
Maido, Lima, Perù
The Ledbury, Londra, Regno Unito
Alinea, Chicago, Stati Uniti
Azurmendi, Larrabetzu, Spagna
Piazza Duomo, Alba, Italia
White Rabbit, Mosca, Russia
L’Arpege, Parigi, Francia
Amber, Hong Kong
Arzak, San Sebastian, Spagna
The Test Kitchen, Cape Town, Sudafrica
Gaggan, Bangkok, Thailandia
Le Bernardin, New York, Stati Uniti
Pujol, Città del Messico, Messico
The Clove Club, Londra, Regno Unito
Saison, San Francisco, Stati Uniti
Geranium, Copenaghen, Danimarca
Tickets, Barcellona, Spagna
Astrid y Gaston, Lima, Perù
Ryugin, Tokyo, Giappone
Restaurant Andrè, Singapore
Attica, Melbourne, Australia
Restaurant Tim Raue, Berlino, Germania
Vendome, Vergish Gladbach, Germania
Boragò, Santiago, Cile
Nahm, Bangkok, Thailandia
De Librije, Zwolle, Paesi Bassi
Le Calandre, Rubano, Italia
Relae, Copenaghen, Danimarca
Faviken, Jarpen, Svezia
Ultraviolet by Paul Pairet, Shangai, Cina
Biko, Città del Messico, Messico
Estela, New York, Stati Uniti
Dinner by Heston Blumenthal, Londra, Regno Unito
Combal.Zero, Torino, Italia
Schloss Schauenstein, Furstenau, Svizzera
Blue Hill at Stone Barns, Pocantico Hills, Stati Uniti
Quique Dacosta, Denia, Spagna
Septime, Parigi, Francia
a cura di Livia Montagnoli