Buona la seconda. Nella Food Valley italiana
La prima edizione del World Food Forum era andata in scena l'anno scorso in occasione di Expo, accolta dal Padiglione Italia. Ma già allora l'auspicio era stato quello di replicare a distanza di qualche mese, ancora una volta in Italia, a Parma. E così, mentre l'attenzione mediatica di settore si focalizza sulle molteplici iniziative di Cibus, il Salone Internazionale dell'Alimentazione ospitato fino al 12 maggio alle Fiere di Parma, la seconda edizione del World Food Research and Innovation Forum è in corso all'Auditorium Niccolò Paganini.
Promosso dalla Regione Emilia Romagna in collaborazione con Aster (Consorzio per l'innovazione e la ricerca industriale), l'incontro ha l'obiettivo di favorire sostenibilità, ricerca e sicurezza nel settore agroalimentare, principalmente ripensando l'organizzazione della produzione agricola con il contributo di innovazione e tecnologia. Due giorni di dibattito – il 9 e 10 maggio – ospitato non a caso nel cuore della Food Valley parmense, nella prima regione italiana per numero di prodotti a marchio Dop e Igp. Nelle ultime ore i principali attori coinvolti – istituzioni, reti internazionali, ricercatori e imprese – hanno cercato di concretizzare le premesse di Expo, sulla strada degli obiettivi fissati dall'agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
Relatori e progetti. Cosa c'è nel futuro della ricerca alimentare
La prima giornata ha visto avvicendarsi sul palco il ministro alle Politiche Agricole Maurizio Martina, che aveva battezzato la prima edizione milanese, con le autorità regionali – il presidente dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini e il sindaco di Parma Federico Pizzarotti - e l'eurodeputato Paolo De Castro, poi il microfono è passato a grandi personalità della ricerca internazionale, a partire da Sanjaya Rajaram, vincitore del World Food Prize nel 2014, intervenuto sulle sfide decisive per garantire la sicurezza alimentare.
Ma il computo dei partecipanti annovera anche rappresentanti di Efsa, Fao, Fda, Ifad, Bei, Eit, Jrc, Cgiar; e con loro le principali multinazionali di settore italiane ed estere, da Barilla a Unilever, da Granarolo a Nestlè e Google. Articolato in tre sessioni, il convegno ha approfondito non solo le strategie europee per l'innovazione alimentare, ma anche i progetti delle imprese a sostegno della causa e la finanza alimentare, con il chiaro intento di sostenere la crescita delle piccole comunità rurali del Sud del mondo.
In concreto, sono diversi i progetti innovativi presentati durante la due giorni parmense. Come il sistema Climate ChangeR, già sperimentato in 50 aziende regionali per diminuire le emissioni di gas serra di origine agricola fino al 25%. O i cosiddetti Gruppi operativi per l'innovazione, per ridurre l'impatto agricolo su acqua, aria e suolo con l'aiuto degli enti di ricerca e un finanziamento regionale di 50 milioni di euro.
E in chiusura dei lavori ci si dà appuntamento al 2018, al termine del primo biennio di lavori del Forum, che continuerà a coltivare a distanza un dialogo trasversale tra le forze internazionali in gioco.